lunedì 25 novembre 2013

Energia dal latte

(by Massimo Enzo Grandi)

Mi riferisco ad un articolo apparso sul quotidiano “Corriere del Ticino” di oggi, 25 novembre 2013 dal titolo “Anche il latte può generare energia”.

Già l'altra sera mi si sono rizzati i capelli sentendo che addirittura vengono create delle fibre tessili dal latte, ora questa!
In più il corriere indica: "È buono e fa bene, ha nobili origini, e utilizzato in zootecnia permette di allevare suini dalla carne particolarmente pregiata. Quando è troppo però il suo smaltimento crea dei problemi di carattere ambientale ed economico..."
Problemi morali no eh?!
Che sia buono e faccia bene è messo seriamente in dubbio da vari studi recenti. Le “nobili origini” pure non le vedo, la sua produzione è industrializzata e disumana:

Mucca

e usarlo per allevare suini “dalla carne pregiata” è un’offesa pari all’ingozzamento delle oche con alcolici per spappolar loro il fegato e “gustarci” il paté…

Come dice un mio amico: continuiamo a far finta che…

L’abbiamo fatto finora e ci manca poco ad andarcene fregandocene di quanto lasciamo indietro.

 

Articolo originale:

http://www.cdt.ch/ticino-e-regioni/economia/95847/anche-il-latte-puo-generare-energia.html

giovedì 21 novembre 2013

1:12 tra furbi, fortunati e miserabili

(by Massimo Enzo Grandi)

 

Blick - uno dodici

(photo: Blick)

 

Normale vi siano molte discussioni in merito a questa iniziativa che vuole limitare le differenze di salario all’interno di alcune grosse industrie o società (di qualsiasi tipo) affinché la persona meglio pagata non abbia a percepire remunerazioni superiori a 12 volte quelle dei meno pagati.

Proprio ieri qualcuno mi diceva: “figuriamoci se dovesse passare questa stupida legge. Sarebbe un disastro, i manager non avrebbero più interesse a lavorare in Svizzera e sarebbe una perdita incolmabile che va a scapito dell’intera economia nazionale… è un po’ come pretendere che chi guadagna un milione o più al mese paghi la stessa percentuale di tasse di uno che ne guadagna duemila: non avrebbero interesse a rimanere qui e andrebbero dove gli vengono concessi sgravi fiscali…”. Poco dopo il mio interlocutore addirittura aggiunge: “… anche quelli che vanno in disoccupazione e il 70% del loro stipendio di cui hanno diritto equivale a cifre astronomiche… ma cosa se ne fanno? … ma scherziamo? Basta un minimo di sopravvivenza per tutti uguale.”

Naturalmente, come al solito, le mie considerazioni iniziali non hanno minimamente influito sul dialogo che continuò e terminò come un monologo che mi sono sorbito senza più commentare…

 

Questa è la mia esperienza. Forse molto personale, ma è quella che io ho vissuto e che mi ha portato a vedere le cose come le vedo:

 

ho iniziato l’apprendistato presso una grossa azienda internazionale. In quegli anni (1973) nella sede dove lavoravo erano impiegate addirittura circa cinquecento persone. Inutile dirlo che già ai tempi vi erano diversi frontalieri, ma non è questo il punto.

L’organizzazione di questa azienda era “patriarcale”, il che a volte dava un po’ fastidio, ma in generale ha tenuto in piedi il tutto molto a lungo e con successo. La gerarchia e l’organigramma erano ancora regolamentati da vecchie “leggi” non scritte. Si iniziava infatti proprio dalla cosiddetta gavetta, vuoi come semplice fattorino, oppure, come me, come apprendista. In base al proprio operato in seguito si ottenevano delle promozioni partendo da quella di capoufficio, poi mandatario e in seguito procuratore fino a giungere al ruolo di direttore di un determinato settore. Solitamente questo ruolo lo si raggiungeva proprio ad un’età un po’ avanzata e rimaneva quindi proprio l’ultimo sforzo prima del pensionamento. Al termine del mio apprendistato vi fu quindi una prima selezione. Su una quindicina di apprendisti che avevamo dato l’esame nel 1976, eravamo solo 3 (o forse 4, non ricordo più esattamente) ad averli superati e quindi potevamo avere l’onore di essere impiegati a tutti gli effetti, mentre gli altri sono andati per altri lidi…

Se durante l’apprendistato la ditta non curava molto la formazione di noi apprendisti, dopo gli esami le cose cambiavano e venivano organizzati corsi di aggiornamento e, nel mio specifico caso, addirittura soggiorni all’estero per apprendere le principali lingue straniere.

Al mio rientro nella sede venni spostato in vari settori interni, un po’ per acquisire maggior esperienza, e un po’ anche per valutare con concretezza dove avrei potuto svolgere al meglio le mie funzioni… ma forse anche in attesa che si liberasse qualche posto ai “quadri superiori” che in quel periodo erano tutti già occupati.

In quel periodo (inizio anni ‘80) si iniziava a parlare di tecniche manageriali. Naturalmente la ditta, sempre all’avanguardia, mi iscrisse ai relativi corsi. Devo proprio dire che non estimai particolarmente le tecniche che mi venivano insegnate, però pensai che si trattasse di un mio modo di non saper accettare “il nuovo” (sistema manageriale ben definito, calcolato e che non tiene conto dell’essere umano come tale) e lasciare “il vecchio” (una gavetta e una scalata sociale in base alle capacità acquisite all’interno della ditta), quindi continuai a frequentarli regolarmente.

La società iniziò a mutare la propria politica interna proprio in base a questa nuova formula. Improvvisamente cominciarono ad assumere dei bravissimi manager esterni che… non avevano alcuna idea in che cosa consistesse il lavoro svolto all’interno della ditta!

Il loro operato consisteva nel valutare le cifre dei vari reparti e fare delle previsioni su come gestire al meglio le forze lavoro… licenziando… vendendo… smantellando a poco a poco l’intero “impero” che nel giro di qualche anno si ridusse ad una cosa ridicola con una ventina di dipendentì (nel frattempo avevo però preferito prendere il largo da quelle persone che, pur non avendo alcuna idea di quel genere di lavoro, si permettevano appunto di dettare legge, regolare i tempi, gli orari e le risorse umane necessarie).

Cosa è successo a partire dagli anni ottanta? È succeso che i manager sono diventati sempre di più, gli studi più complessi e, relativamente, i loro stipendi più elevati fino ad arrivare a quelle vergognose cifre che tutti ben conosciamo.

Ora, facciamo innanzitutto una chiara distinzione tra “manager” e “manager”. In certe società il “manager” principale è anche quella persona che ha “creato” la ditta stessa, che l’ha costruita dalle fondamenta fino al tetto, mi sembra anche logico che il termine di “manager” è semplicistico e riduttivo in quanto si tratta propriamente di un termine definito in modo “burocratico”, quindi questo genere di “manager” hanno il pieno diritto di avere dei privilegi rispetto al dipendente addetto a semplici lavori di fattorino.

La vera “vergogna” però riguarda quel genere di manager che fino ad oggi hanno solo aumentato la disoccupazione decentralizzando, ristrutturando o qualsiasi altro “…ando” abbiano imparato a gestire, manipolare e plasmare durante i loro studi da manager. Nella maggior parte dei casi queste persone non hanno idea di cosa produca, venda o offra la ditta per cui lavorano. Non sono in grado di sedersi personalmente al posto di uno dei loro “sottomessi” e svolgere quella determinata mansione ma giungono a imporre assurdità a chi effettivamente lavora con stipendi spesso ridicoli.

Però sono strapagati… ma da chi?

Chi stabilisce che queste persone abbiano questo genere di corrispettivo?

I dipendenti della ditta con il posto di lavoro a rischio? Sarebbe ridicolo…

Chi ha interesse che sia così? Semplicemente proprio loro stessi. Avendo proprio loro a disposizione simili capitali sono proprio loro che investono questi capitali in azioni. Naturalmente non si accontentano di dividendi normali, sarebbe inconcepibile. I dividendi devono essere sempre più alti perché il loro capitale è “bloccato” nell’investimento, poi c’è l’inflazione, tutto aumenta e quindi l’investimento deve fruttare il più possibile. Per fruttare il più possibile non serve solo aumentare la produzione, niente affatto! Occorre principalmente diminuire i costi, e per fare questo ci sono gli specialisti: loro stessi, i Manager che richiedono un miliione al mese per farne risparmiare due all’azienda ma che intanto si favoriscono a vicenda. Ben sappiamo in che modo si può risparmiare, basta diminuire i costi della forza lavoro richiedendo maggior impegno a quella rimanente, e qualora ne va di mezzo la qualità del prodotto o del servizio si licenziano ancora altre persone dei “bassi ranghi” così quelli che rimangono cedono al ricatto e si autosottopongono a tutto quanto viene loro richiesto. La ditta è in difficoltà? No problem, è colpa del mercato, dei costi di produzione esagerati cui è co-responsabile uno stato che chiede sempre più tasse e sempre più rigorose misure di sicurezza… è colpa del semplice impiegato che suo malgrado si trova a dover tenere la contabilità, redigere piani di marketing, occuparsi delle scartoffie, della gestione grafica del sito internet, del database degli articoli…. a duemila franchi al mese! Non è mai colpa dei manager che non sanno neppure se stanno vendendo pannolini per bambini o alta tecnologia.

Stranamente però quando una squadra di calcio non vince, il primo a subirne le conseguenze è il manager, l’allenatore, il mister… perché non ha saputo gestire la squadra. E tutti sono d’accordo, anche se sono stati i giocatori che non hanno dato il massimo di sé negli allenamenti o nella partita decisiva. Qui in un modo e là in un altro, ma senz’altro c’è chi ha la spiegazione logica pronta. È normale che un manager venga strapagato, d’altro canto è proprio lui che crea tutta una rete di “sviluppo” attorno al fulcro dell’azienda, tanto poi se dovesse andar male c’è magari il fatto che sia “too big to fail” e interviene ancora lo stato, quindi è meglio lasciar fallire quelli che sono già falliti in partenza: quelli che lavorano o sperano di poterlo fare.

Il piccolo investitore? Beh, anche lui nel suo “misero” tentativo di arricchirsi si aspetta il massimo del suo investimento, proprio come i grandi: ottenere il massimo con il minimo dello sforzo. Certo, chi non lo vuole? Chi non vuole lavorare il meno possibile con il massimo del rendimento? Cosa otteniamo di questo passo? Siamo veramente così ciechi da credere che questo ci porta fuori dalla crisi in cui ci siamo venuti a trovare proprio grazie a questo sistema basato esclusivamente sull’aria fritta? Lasciamo ancora che i nostri politici continuino a riempire le tasche a certe aziende (di cui probabilmente sono anche loro stessi direttamente o indirettamente coinvolti) affinché vengano di conseguenza gonfiati i conti di questi manager che continueranno a investire laddove possono trarre il massimo del guadagno con il minimo sforzo (anzi, con uno sforzo inesistente)?

Se siamo dove siamo arrivati dobbiamo ritenere responsabile l’operaio o l’impiegato che ha chiesto le 40 ore settimanali e a fine mese riesce a risparmiare appena ciò che basterà a fine anno per pagare le tasse, la cassa malati? Certo! Colpa sua che non vuole lavorarne 80, che non vuole andare in pensione a 80 anni, che si lamenta della vignetta autostradale per 100 franchi o del pacchetto di sigarette a 10 franchi. Vergognatevi operai! Vergognatevi impiegati! Vergognatevi sindacati che non suddividete ulteriormente i lavoratori in ancora più categorie in modo da avere più possibilità di manifestare… ora per il muratore che spinge la carretta e domani per quello che la carica. Quello che la svuota non ha bisogno del contratto collettivo perché basta che quello che la spinge la capovolga…   ma Vergognatevi un po’ tutti che vi farebbe bene!

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E  visto l’esito della votazione aggiungo:  SPATATAM!

lunedì 4 novembre 2013

Vergogna

Einstein e la Crisi


…In qualsiasi famiglia, in tutto il mondo – e forse anche in altri mondi – nella struttura di una famiglia (sia “tradizionale” o altro) vi sono delle regole che non c’è bisogno vengano scritte. Sono regole stabilite dal buon senso e che non avrebbero bisogno di essere insegnate o… ricordate. Sono regole che vengono seguite in modo spontaneo senza neppure che ci si debba ragionare sopra o tanto meno discuterne.
A capo di una “famiglia” troviamo solitamente i genitori, indipendentemente dal fatto che siano “naturali”, “acquisiti” o “imposti”, che si sono assunti la responsabilità per la famiglia stessa. Ne regolano il funzionamento a livello pratico e ne gestiscono anche a livello economico il funzionamento affinché sia equo per ogni individuo ne faccia parte. Nel caso di difficoltà finanziarie, di periodi di “crisi economica” è il genitore che si trova a dover stabilire delle priorità facendo dei tagli dove necessario, e solitamente le necessità dei figli sono le ultime ad essere toccate a scapito delle proprie. Si dà l’esempio rinunciando a tutto quanto si possa rinunciare pur di non far pesare troppo la situazione ai figli, probabilmente ancora agli studi, o magari bisognosi di cure speciali, ma anche per non farla pesare a quelli un po’ più birbantelli…
È impensabile che in caso di necessità un genitore non si assuma tale responsabilità, ne vale l’armonia stessa della “famiglia”. Sarebbe vergognoso se in caso di “crisi” i genitori andassero a fare tagli esclusivamente sulle necessità dei propri figli… Niente più ripetizioni private per le materie difficili, niente merenda da portare a scuola, niente corso di nuoto, niente visite dal medico o dal dentista, niente pasti regolari… Vergognoso anche favorire il figlio maschio piuttosto che la femmina, o il minore obbligando il maggiore a sospendere gli studi per trovare un lavoro…
Sarebbe ancor più vergognoso se nel frattempo gli stessi genitori facessero tutto questo per non rinunciare all’auto nuova superaccessoriata e supersicura, alla donna delle pulizie (la vicina di casa) che due/tre volte la settimana “deve” aiutare a smaltire la mole di faccende accumulatisi. Per non rinunciare alle ferie, alla settimanale visita dall’estetista e dal parrucchiere. Ma vergognoso sarebbe anche se quanto risparmiato grazie ai tagli sulle spese dei figli venga utilizzato per ampliare la casa con un locale hobby che dovrà pure essere arredato e completato con tutti gli strumenti di ultima generazione e la cui manutenzione richederà forti investimenti nel corso dei prossimi dieci/vent’anni… il colmo della vergogna si raggiungerebbe comunque qualora i genitori avessero la sfrontatezza di dire ai figli che questo è per il loro bene, che se non fosse così sarebbe peggio… che se non facessero lavorare l’impresa per la costruzione o non acquistassero quelle macchine l’economia intera andrebbe a rotoli ed a farne le spese sarebbero ancora loro: i figli! …e in un futuro (molto lontano) ne saranno riconoscenti…
Sarebbe davvero una vergogna, vero?
Ma se invece di una famiglia si trattasse di una nazione? O di molte nazioni?
Se invece dei genitori fossero certi governanti a comportarsi così e i figli – il popolo – si trovasse a dover subire? Perché questo non sarebbe una vergogna?
Quanti politici stanno già compiendo simili boicottaggi e nessuno interviene a dargli una bella bacchettata sulle mani? Perché nessuno riesce a togliere il potere a questi individui, anzi li si appoggiano cercando di trarne il massimo del beneficio?
Vergogna è quando le ristrettezze vengono richieste solo al popolo. Vegogna è quando si fa credere al popolo che anche gli statali subiscono dei tagli ma non si specifica che gli “statali” sono quegli insegnanti che dovrebbero essere orgogliosi di preparare i nostri figli ad affrontare la vita, o quei funzionari allo sportello che insultiamo perché disponibili poche ore al giorno dimenticando che dietro lavorano duramente, esattamente come lo facciamo (o dovremmo farlo) noi. Vergogna è vedere gli stessi politici aumentarsi gli stipendi e diminuirsi l’età del pensionamento perché loro lo meritano in quanto impegnati tutto il giorno a far valere una costituzione che come primo punto importante recita che “ogni cittadino è uguale davanti alla legge”, e già dopo pochi articoli inizia con le distinzioni: maschio/femmina, giovane/anziano, sano/malato, cattolico/di diversa religione/ateo, coppia eterosessuale/omossessuale/con figli/senza figli, stipendi bassi (tasse al 45%)/stipendi alti (tasse al 5%)…
Vergogna! Vergogna! Vergogna!
Vergogna per chi ha ancora il coraggio di dire che non è vero. Vergogna per quei fortunati con un lavoro ben pagato che non sono d’accordo con dei minimi di stipendio umani e giusti: guai! dovrebbero rinunciare loro a parte dello stipendio. Vergogna a chi trova ingiusti gli aiuti assistenziali ai bisognosi solo perché conosce una o due persone che ne approfittano: speriamo non dobbiate trovarvi voi in certe situazioni…
Vergogna! Vergogna! Vergogna!

 

Ed ecco un “piccolo” monito:

 

 

E ancora uno spunto per pensare e vergognarsi…. ma non non siamo (ancora) a questo punto… o no?….