domenica 22 dicembre 2013

Ma davvero? Veramente? parte 2

Ed eccomi di nuovo qua…

Le mie righe indirizzate a quei simpaticoni di Berna hanno avuto un riscontro, purtroppo non quello richiesto e sperato di un chiaro SI o No che mi mostrasse che veramente anche io sto a cuore ai nostri Consiglieri.

Nient’affatto… solo di nuovo un fiume di parole – sempre le stesse e che non dicono nulla di nuovo o di sconosciuto – che parlano di “progetti per il futuro”, di “auspici”, di “speranze”, di “sogni” e tutte quelle “belle cose lì” che mettono in pace il cuore dei cittadini di categoria A e B, mentre gli altri continueranno inorriditi a subire, a guardare – naturalmente sempre se hanno la fortuna di permettersi degli occhiali – e a rimanere in disparte in attesa che finalmente qualcosa succeda, in attesa che davvero finalmente giunga questa “fine dei tempi” che anche i “testimoni di Geova” ci promettono invano da così tanto tempo da non poter far altro che farci sorridere per la loro insensatezza.

Una carissima persona che mi ha accompagnato nel passato, la signora Giannina Martinelli, mi ha insegnato un’espressione molto significativa: “Di grazie ne ho il solaio pieno…”, io qui posso solo completare questa sentenza in questo modo: “Di grazie e di auguri per un migliore futuro, potrei averne il solaio pieno… se solo avessi un solaio…”

 

Ecco la risposta ricevuta da Berna:

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Egregio Signor Grandi,

la ringraziamo delle riflessioni fatte pervenire al Consiglio federale, che testimoniano da parte Sua un vivo interesse politico ma anche una sincera preoccupazione per il nostro Paese. Esse sono importanti poiché riflettono l'atmosfera generale che regna nella popolazione e possono anche servire da stimolo alle decisioni politiche. Per incarico del Consiglio federale rispondo quindi volentieri alla Sua lettera. Posso assicurarle che il Consiglio federale non perde mai di vista il bene del Paese e che le sue decisioni sono sempre prese con scienza e coscienza.

Mi soffermerò di seguito sui diversi punti da lei menzionati:

Sanità pubblica della Svizzera: Nel gennaio 2013 il Consiglio federale ha adottato il rapporto «Sanità2020», una concezione globale della sanità pubblica che, con una serie di provvedimenti (complessivamente 36) in tutti i settori del sistema sanitario, intende assicurare la qualità della vita e delle cure, rafforzare le pari opportunità e migliorare la trasparenza. I provvedimenti saranno adottati gradualmente nei prossimi anni, con il coinvolgimento di tutti gli attori principali. Lo scopo è di ottimizzare il sistema sanitario svizzero per prepararlo ad affrontare le sfide future, preservandone al contempo la sostenibilità finanziaria. Il rapporto «Sanità2020 – le priorità di politica sanitaria del Consiglio federale» è pubblicato su Internet all'indirizzo www.sanita2020.ch. Eventuali domande potranno essere rivolte all'Ufficio federale della sanità pubblica, Comunicazione, tel. 031 322 95 05

Giustizia/decisioni dei tribunali: In osservanza del principio di separazione dei poteri, né il Consiglio federale né lʼAmministrazione federale sono autorizzati a riesaminare decisioni giudiziarie o amministrative oppure a esercitare unʼinfluenza su procedimenti in corso. Di conseguenza non ci è possibile prendere posizione riguardo a un caso specifico. Tuttavia, si può affermare in generale che ogni caso presenta peculiarità proprie e va quindi affrontato individualmente adottando le misure che gli sono più appropriate. Questo approccio rappresenta una grande sfida per gli uffici competenti. L'esecuzione delle pene e delle misure non è un compito della Confederazione bensì esclusivamente dei Cantoni.

Ricerca: La Svizzera è molto competitiva nei settori della ricerca e dell’innovazione. Fa parte di quei Paesi che, rispetto al loro PIL, investono molto nella ricerca e lo sviluppo (R&S). Secondo la legge sulla promozione della ricerca e dell’innovazione (LPRI) la Confederazione è competente per il finanziamento della promozione tramite il Fondo nazionale svizzero (FNS) e la Commissione per la tecnologia e l’innovazione (CTI). La Confederazione finanzia inoltre l’Associazione delle Accademie svizzere delle scienze, sostiene una trentina di centri di ricerca al di fuori delle scuole universitarie e sovvenziona l’insegnamento e la ricerca delle istituzioni del settore dei PF.

Esercito-bilancio preventivo: Il 29 settembre 2011 le Camere federali hanno stabilito in un decreto federale che in futuro l'esercito dovrà avere un effettivo regolamentare di 100 000 militari e beneficiare di un limite di spesa annuo pari a 5 miliardi di franchi. Queste disposizioni sono state confermate dal Consiglio federale (5 mia. dal 2016). Per rispettare questi criteri e disporre di risorse sufficienti per gli investimenti e l'esercizio sono necessari importanti risparmi. A tale riguardo entrano segnatamente in considerazione gli immobili poiché generano ingenti costi annuali di manutenzione e d'esercizio. Per questo motivo è necessario  ridurre di oltre un terzo l'attuale parco immobiliare.

Nonostante le obiezioni da Lei formulate, constato che le Sue riflessioni sono mosse da una sincera preoccupazione nei confronti del nostro Stato, il quale fa tesoro dei pensieri critici dei suoi cittadini. Mi preme quindi ringraziarla per il Suo prezioso contributo.

Congratulandomi per il coraggio da Lei dimostrato nell'esprimere apertamente - anche al Consiglio federale medesimo! - le Sue preoccupazioni, colgo l'occasione per augurarle Buone feste e un futuro ricco di soddisfazioni.

Cordiali saluti,

Daniela Mangiarratti

Servizio delle relazioni con il pubblico

Cancelleria federale

Sezione informazione e comunicazione

Palazzo federale ovest, 3003 Berna

Tel. +41 31 323 73 77

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martedì 10 dicembre 2013

Ma davvero? Veramente?

(by Massimo Enzo Grandi – 10 dicembre 2013)

Oggi è il 10 dicembre 2013 e chi scrive ha la “veneranda” età di 55 anni, al momento senza attività lucrativa, senza diritto alla disoccupazione e, grazie alla mancanza di un documento, anche senza diritto all’assistenza.

In un certo senso per “obbligo” ho dovuto stabilire il domicilio presso mia madre, pensionata ottantenne con casa propria e un reddito AVS di 1800 franchi mensili, dove il più delle volte risiedo, quando non ospite da amici o conoscenti.

Sono sempre disponibile a dare una mano, ora dalla vicina che ha bisogno di tosare l’erba del prato, ora da un’amica che mi chiede di aiutarla con le faccende domestiche, ora a dei conoscenti con la vendemmia. A conti fatti riesco a barcamenarmi con entrate mensili da 100 franchi fino a 300 nei mesi in cui mi va di lusso. Naturalmente da queste entrate devo dedurre: la Cassa Malati, che grazie al sussidio cantonale mi costa “solo” 49.55 al mese; l’AVS di 182.- ogni 4 mesi; le tasse personali (al minimo per mia fortuna) ed infine – purtroppo per problemi di salute non riconosciuti dall’AI – le partecipazioni alle spese mediche. Però sono sempre vivo e vegeto, mi nutro sufficientemente (anche se mia madre dice che non mangio mai abbastanza) e finora per mia grande fortuna non ho dovuto affrontare grossi problemi. Si, va bé… si rinuncia al dentista, ad alcuni medicinali (sperando non siano veramente così indispensabili), al fisioterapista o alcuni altri lussi simili. ma in linea di massima eccomi qua!

Per mia fortuna riesco ancora ad avere una discreta lucidità mentale, anche se sempre più sovente ne dubito, visto che i miei ragionamenti si trovano molto spesso al di fuori di quelli che sono i pensieri della maggior parte del resto della popolazione svizzera.

Oltre a questa mia breve introduzione vorrei anche fare alcune premesse:

Non è assolutamente mia intenzione mettere in dubbio la serietà e la professionalità delle persone a cui mi rivolgo, anzi, mi auguro che proprio per la loro intelligenza riescano a vedere il senso di ciò che asserisco. Io sono un cittadino semplice che non ha avuto le stesse possibiltà di erudirsi come avrebbe voluto, ma credo di essere in grado di esprimere chiaramente le mie opinioni (e chi non le capisce è perché non le vuole capire).

Per nostra fortuna in Svizzera i cittadini hanno la libertà e la possibilità di esprimersi, purtroppo non sempre il nostro parere viene interpretato nel modo corretto e desiderato, e ne scaturisce quindi un “quadro” diverso da quello che realmente viene inteso.

Prendiamo ad esempio le ultime votazioni del 24 novembre. A parte l’iniziativa 1:12 su cui mi sono già espresso chiaramente in separata sede, siamo stati chiamati a pronunciarci su altri due temi molto scottanti: le deduzioni fiscali ai genitori che accudiscono personalmente i figli e l’aumento del contrassegno stradale. I miei due No in merito, che si sono aggiunti ai No di moltissimi altri, li giustifico per il semplice fatto che non mi sembra logico che vi siano delle deduzioni fiscali per i figli, sia che questi vengano “parcheggiati” negli asili nido e sia che vengano accuditi a casa da uno dei genitori… ma, sia chiaro, con ciò non voglio dire che non trovo giusto vi siano facilitazioni, tuttaltro! e vediamo quindi cosa intendo.

Anche se io non ho figli e la questione non mi tocca direttamente, mi rendo conto che vi è tutto un sistema di base troppo dispersivo e – mi si perdoni il termine – mal organizzato. Se partiamo già dal presupposto che un Asilo Nido fruisce di aiuti Cantonali e Statali in modo da offrire un servizio abbordabile e (si spera) professionale, non si può non notare come gli sgravi fiscali per i costi sostenuti dai genitori vanno a raddoppiare l’aiuto statale a chi ne fa capo, il tutto a discapito di quelli che non usufruiscono di questo servizio privato che rinunciano intanto anche a svolgere un’attività lavorativa, una chiara distinzione quindi tra cittadini di categoria A e categoria B contraria alla nostra costituzione.
Il problema che sorge qual’è? Se da una parte i costi sono concretamente valutabili – fattura dell’Asilo Nido alla mano – dall’altra le spese non lo sono e quindi se fosse stata accettata la proposta, si sarebbe dovuto farne un forfait. Forfait che naturalmente non avrebbe tenuto conto del fatto che il genitore a casa non produce ed ha quindi anche una chiara mancanza di introiti (che solitamente in commercio viene chiamata “perdita”) quindi sarebbe stato comunque penalizzato. Di meno ma comunque penalizzato. Ma davvero nessuno ha pensato di abolire semplicemente lo sgravio fiscale già esistente e anche le sovvenzioni agli Asili Nido e aumentare di conseguenza gli assegni famigliari in modo che veramente ogni bambino sia a tutti gli effetti uguale agli altri e con gli stessi diritti?

Per la vignetta autostradale… Lasciamo ora da parte le “minacce” – come sono state definite in molti commenti – della Consigliera Doris Leuthard che “se non si fosse accettato l’aumento della vignetta si sarebbe provveduto all’aumento delle tasse sul carburante” (che ricordo sono già nettamente superiori al franco al litro) e chiariamo che il mio No è perché sono contrario ad ulteriori spese per nuovi scempi nei nostri paesaggi “tipicamente svizzeri”. In fondo io un auto non ce l’ho, quindi non si può dire che abbia votato in questo modo sol per non spendere di più in benzina.

Contrariamente a quanto si cerca di farci credere, più strade ci sono e più traffico si crea, e come sappiamo perfettamente non è certo il traffico che ci porta il benessere. Le strade che ci sono coprono già perfettamente tutto il territorio che devono coprire. Anche senza l’autostrada dal mio domicilio al primo ospedale, in caso di bisogno ci arrivo anche a piedi attraverso i boschi. Come giustamente scriveva qualcuno sul Corriere del Ticino bisognerebbe toglierlo il bollo, anzi, bisognerebbe anche togliere qualche tassa sul carburante. Ma davvero c’è ancora gente che ritiene che chi inquina paga e che sia giusto aumentare in continuazione le tasse sui carburanti? Ma davvero quasi nessuno si rende conto che questi costi vanno tutti sempre ancora a carico di tutta la comunità? Oppure tutti pensano “innocentemente” che il trasportatore che consegna il pane in negozio si accolli lui le spese di consegna? O che il manager che deve prendere giornalmente l’elicottero per andare in ufficio – naturalmente a vedere dove effettuare tagli per far risparmiare l’azienda e farsi aumentare i bonus – non tenga conto e non faccia valere il “problema” dell’aumento più il supplemento per mancati interessi e altre diavolerie che vengono inventate alla faccia delle persone normali?

Ecco che invece i miei No vengono però calcolati in modo semplicistico in una massa di cui non voglio far parte. Nel primo caso il mio No viene erroneamente definito come un rifiuto del riconoscimento degli sgravi ai genitori che non lavorano, mentre per la vignetta è il risultato di una semplice “errata campagna di motivazione” da parte dei promotori dell’aumento e quindi un mio semplice atto di “stizza” non meglio identificato.

Ma se rivoltiamo un po’ la situazione? Se ci mettessimo noi a fare delle domande ai politici chiedendo semplicemente una chiara risposta anzicché lunghi discorsi di motivazioni che solitamente la gente comune finge di capire? Per una volta delle risposte chiare: SI! oppure NO!

 

Diciamo che per cominciare vorrei tanto delle risposte a queste domande, ma solo con un SI o con un NO:

 

La prima è per la signora Consigliera Simonetta Sommaruga del dipartimento di Giustizia e Polizia, e che, come anche tutti gli altri Consiglieri, stimo e ammiro:

Gentilissima signora Consigliera, ma davvero lei mi dice che ci sono carcerati che fanno la vita da nababbo e che ci sono fior fiore di esperti (prevalentemente privati e neppure statali) che li seguono per il loro reinserimento (chiaramente senza esito) e che quindi a loro volta approfittano di tale situazione costando mensilmente allo Stato più di quanto abbia guadagnato io negli ultimi 10 anni? Ma davvero sempre queste persone possono addirittura minacciare uno sciopero della fame (che causerebbe ulteriori spese mediche ecc.) ricattando l’intero sistema di Giustizia e Polizia?
Come ho già detto prima, vorrei semplicemente una risposta chiara: Si o No.
Nel caso la risposta fosse un Si, la prego solo di farmi sapere quali reati devo commettere per esempio per non dovermi più strappare da solo i denti con la pinza da meccanico e, magari, poter salvare quelli che mi rimangono.

 

Passo ora al Consigliere Alain Berset che, a capo del dipartimento degli interni, ha molto a cuore la situazione delle Casse Malati:

Gentilissimo sig. Consigliere, appoggio appieno la sua idea di una Cassa Malati Unica, le faccio comunque presente che in passato la Cassa Malati fu privatizzata proprio con lo scopo di agevolare le pratiche riducendo i costi. Studi alla mano si era convinti di questo vantaggio, ma con il tempo però, dai 160 franchi che pagavo annualmente ora i premi ora sono aumentati a dismisura con le prestazioni sempre più ridotte.

Ci si lamenta di questi aumenti. Si dice che sono causati dagli aumenti dei costi dei medici, dei medicinali ecc.  Logicamente però non è possibile tenere sotto controllo solo i premi di Cassa Malati permettendo che i costi della salute invece continuino a salire. Ci troviamo a pagare migliaia di franchi per medicamenti che contengono pochi centesimi di principi attivi. Ci viene detto che questi costi elevati sono giustificati perché le ricerche costano ed occorre recuperare gli investimenti… ma davvero la ricerca è così cara per l’industria farmaceutica mentre il ricercatore che sta tutto il giorno chinato su provette e microscopi percepisce degli stipendi ridicoli? Ma davvero ogni anno Governo e Associazioni varie raccolgono milioni di beneficenza per la ricerca di questo e di quello e poi tutto il guadagno va comunque solo alla casa farmaceutica che deposita il brevetto? Ma è davvero necessario che occorrano migliaia di franchi per far registrare un brevetto soprattutto in questo ambito? … e continuo… ma davvero è normale che le Assicurazioni Casse Malati sospendano le prestazioni ai morosi e che con la presentazione di un certificato di carenza beni incasseranno comunque dallo Stato gli scoperti (soprattutto i premi) malgrado le prestazioni assicurative non siano state soddisfatte? Sarà così anche con una cassa unica? Ma è davvero necessaria la tassa di farmacia su prodotti che danno già un margine di guadagno al banco? Sinceramente ho spesso l’impressione che le persone che decidono le varie prassi medico/sanitarie/farmaceutiche lo facciano con le stesse prerogative con cui hanno condotto il commercio di pesce del mar baltico fino a l’altro giorno… Ma davvero non possiamo adottare un sistema sanitario come quello usato in Germania o conglobare nella stessa assicurazione anche più ampiamente i costi dentistici e oculustici, o devo continuare a usare la pinza da meccanico e degli occhiali trifocali danneggiati che non posso sostituire perché non posso permettermene altri? Ma davvero è stabilito da qualche parte sulla costituzione che – come da comunicazione del cantone ricevuta proprio questa mattina – rispetto al 2013 per il 2014 io e mia madre avremmo diritto a 200 franchi in meno a testa di sussidio per la Cassa Malati e dobbiamo rallegrarci perché presto vedremo svolazzare nuovi aerei militari o potremmo vedere chi ha l’auto sfrecciare su una nuova tratta autostradale lasciandoci respirare aria sempre peggiore?
Anche da lei vorrei tanto avere delle risposte chiare ed inequivocabili e composta da due lettere: Si o No – non possono più accettare i “però”, i “forse”, i “vediamo”, i “discutiamone” o, addirittura come mi è già anche successo, i “ma è colpa tua e ora ti arrangi”.

 

Al Consigliere Schneider Amman del dipartimento di Economia, Formazione e Ricerca vorrei invece chiedere: Ma davvero, Signor Consigliere, a livello economico in Svizzera necessitiamo di ulteriori posti di lavoro o quelli che ci sono sarebbero sufficienti se non fossero già occupati spesso da personale incompetente o da personale straniero? Non voglio qui mettere in dubbio per esempio le capacità dirigenziali di tutti i Manager che, grazie al popolo, continueranno a incassare fior di milioni al mese, ma voglio anche ricordare che proprio con l’operato di molti di loro siamo giunti ad un momento vergognoso in cui l’economia è l’unico benessere cui si fa riferimento… e in questo modo i senza lavoro sono sempre di più e per giunta proporzionalmente all’aumento dei capitali dei “Paperon de Paperone” che risiedono in Svizzera. Ma davvero se fosse stata accettata l’iniziativa 1:12 tutti questi personaggi importanti e insostituibili se ne sarebbero andati all’estero e l’economia svizzera ne avrebbe dovuto subire le nefaste conseguenze? … che peccato non l’abbiano fatto, mi sarebbe piaciuto vedere queste conseguenze e in seguito valutare se sarebbero veramente state un peggioramento… ma davvero si possono continuare ad accettare tutti questi tagli nella formazione e nella ricerca e lasciare deperire la crescita degli individui solo per poter continuare a finanziare chi si ingrassa promettendoci un non meglio identificato benessere futuro che molto probabilmente non arriverà mai?
Ripeto, proprio come alle elezioni: una risposta chiara: Si o No?

 

Alla signora Consiglera Eveline Widmer Schlumpf del dipartimento delle Finanze: ma davvero non le fa effetto avere in mano il borsello della Confederazione e dover decidere chi privilegiare soltanto in base a informazioni che nella maggior parte dei casi non tengono in considerazione le necessità effettive dei cittadini (tutti indistintamente) ma continuano a favorire determinate categorie che continuano ad ingrassare con il sangue degli altri? Ma davvero mi sta dicendo chiaro in faccia che lei permette candidamente che, grazie ai tagli ai sussidi della Cassa Malati, io il mese di gennaio probabilmente non riuscirò ad affrontare l’acquisto dei medicamenti che mi tengono in vita? Il mio prossimo conteggio della Cassa Malati relativo a Gennaio sarà, oltre naturalmente al premio, di 300 Fr. di Franchigia + circa 500 di partecipazione alle spese: davvero lei mi dice che vale la pena che mi accolli questa spesa (e non so ancora come riuscitò a farlo) nella speranza di vedere – prossimamente su questi cieli – dei bellissimi Gripen che difendono il mio diritto di sentirmi ignorante, superato, inutile, accantonato dall’economia e abbandonato a me stesso?

 

Al capo del dipartimento dello Sport e della Difesa, il nostro ancora attuale presidente Ueli Maurer, ho già rivolto indirettamente le mie rimostranze nelle varie interrogazioni agli altri Consiglieri, ciò non toglie che anche a lui dico: Sono d’accordo che il Servizio Militare Svizzero è qualcosa di particolare che mi ha aiutato anche a crescere come essere umano, ma davvero lei crede che al giorno d’oggi in Svizzera abbiamo tutta questa grande esigenza di investire così tanti miliardi di franchi per difenderci da attacchi esterni che ci stanno comunque arrivando in molti svariati altri modi molto più sottili e subdoli che non un battaglione di militi armati fino ai denti e pronti a morire nel nome di chissà quale ideale? Ma davvero anche lei mi sta dicendo direttamente che forse non potrò mai vedere i suoi meravigliosi aerei Gripen perché non ho avuto la possibilità di pagarmi l’assicurazione Cassa Malati?

 

Ripeto, non ho nulla contro i Signori Consiglieri cui mi sono rivolto, anzi li ammiro tutti indistintamente per il tempo che impiegano a rendere la Svizzera migliore di quanto non lo sia mai stata. Ammetto anche di provare invidia nei loro confronti per le conoscenze che hanno avuto la possibilità di acquisire e che hanno reso possibile la loro carriera politica. Esatto. Invidia, perché io non ho avuto l’occasione di poter studiare quanto sia giusto il comportamento che stanno tenendo nei confronti di noi stupidi, ignoranti cittadini. Già, questa è l’unica soluzione: siamo ancora noi cittadini che viviamo nell’ignoranza e dobbiamo continuare ad avere fiducia in loro. Non riesco altrimenti neppure a pensare che non stiano facendo tutto questo per il nostro bene… o meglio, mi correggo, per il bene di qualcun’altro…

Grazie per l’attenzione

 

lettera firmata

lunedì 25 novembre 2013

Energia dal latte

(by Massimo Enzo Grandi)

Mi riferisco ad un articolo apparso sul quotidiano “Corriere del Ticino” di oggi, 25 novembre 2013 dal titolo “Anche il latte può generare energia”.

Già l'altra sera mi si sono rizzati i capelli sentendo che addirittura vengono create delle fibre tessili dal latte, ora questa!
In più il corriere indica: "È buono e fa bene, ha nobili origini, e utilizzato in zootecnia permette di allevare suini dalla carne particolarmente pregiata. Quando è troppo però il suo smaltimento crea dei problemi di carattere ambientale ed economico..."
Problemi morali no eh?!
Che sia buono e faccia bene è messo seriamente in dubbio da vari studi recenti. Le “nobili origini” pure non le vedo, la sua produzione è industrializzata e disumana:

Mucca

e usarlo per allevare suini “dalla carne pregiata” è un’offesa pari all’ingozzamento delle oche con alcolici per spappolar loro il fegato e “gustarci” il paté…

Come dice un mio amico: continuiamo a far finta che…

L’abbiamo fatto finora e ci manca poco ad andarcene fregandocene di quanto lasciamo indietro.

 

Articolo originale:

http://www.cdt.ch/ticino-e-regioni/economia/95847/anche-il-latte-puo-generare-energia.html

giovedì 21 novembre 2013

1:12 tra furbi, fortunati e miserabili

(by Massimo Enzo Grandi)

 

Blick - uno dodici

(photo: Blick)

 

Normale vi siano molte discussioni in merito a questa iniziativa che vuole limitare le differenze di salario all’interno di alcune grosse industrie o società (di qualsiasi tipo) affinché la persona meglio pagata non abbia a percepire remunerazioni superiori a 12 volte quelle dei meno pagati.

Proprio ieri qualcuno mi diceva: “figuriamoci se dovesse passare questa stupida legge. Sarebbe un disastro, i manager non avrebbero più interesse a lavorare in Svizzera e sarebbe una perdita incolmabile che va a scapito dell’intera economia nazionale… è un po’ come pretendere che chi guadagna un milione o più al mese paghi la stessa percentuale di tasse di uno che ne guadagna duemila: non avrebbero interesse a rimanere qui e andrebbero dove gli vengono concessi sgravi fiscali…”. Poco dopo il mio interlocutore addirittura aggiunge: “… anche quelli che vanno in disoccupazione e il 70% del loro stipendio di cui hanno diritto equivale a cifre astronomiche… ma cosa se ne fanno? … ma scherziamo? Basta un minimo di sopravvivenza per tutti uguale.”

Naturalmente, come al solito, le mie considerazioni iniziali non hanno minimamente influito sul dialogo che continuò e terminò come un monologo che mi sono sorbito senza più commentare…

 

Questa è la mia esperienza. Forse molto personale, ma è quella che io ho vissuto e che mi ha portato a vedere le cose come le vedo:

 

ho iniziato l’apprendistato presso una grossa azienda internazionale. In quegli anni (1973) nella sede dove lavoravo erano impiegate addirittura circa cinquecento persone. Inutile dirlo che già ai tempi vi erano diversi frontalieri, ma non è questo il punto.

L’organizzazione di questa azienda era “patriarcale”, il che a volte dava un po’ fastidio, ma in generale ha tenuto in piedi il tutto molto a lungo e con successo. La gerarchia e l’organigramma erano ancora regolamentati da vecchie “leggi” non scritte. Si iniziava infatti proprio dalla cosiddetta gavetta, vuoi come semplice fattorino, oppure, come me, come apprendista. In base al proprio operato in seguito si ottenevano delle promozioni partendo da quella di capoufficio, poi mandatario e in seguito procuratore fino a giungere al ruolo di direttore di un determinato settore. Solitamente questo ruolo lo si raggiungeva proprio ad un’età un po’ avanzata e rimaneva quindi proprio l’ultimo sforzo prima del pensionamento. Al termine del mio apprendistato vi fu quindi una prima selezione. Su una quindicina di apprendisti che avevamo dato l’esame nel 1976, eravamo solo 3 (o forse 4, non ricordo più esattamente) ad averli superati e quindi potevamo avere l’onore di essere impiegati a tutti gli effetti, mentre gli altri sono andati per altri lidi…

Se durante l’apprendistato la ditta non curava molto la formazione di noi apprendisti, dopo gli esami le cose cambiavano e venivano organizzati corsi di aggiornamento e, nel mio specifico caso, addirittura soggiorni all’estero per apprendere le principali lingue straniere.

Al mio rientro nella sede venni spostato in vari settori interni, un po’ per acquisire maggior esperienza, e un po’ anche per valutare con concretezza dove avrei potuto svolgere al meglio le mie funzioni… ma forse anche in attesa che si liberasse qualche posto ai “quadri superiori” che in quel periodo erano tutti già occupati.

In quel periodo (inizio anni ‘80) si iniziava a parlare di tecniche manageriali. Naturalmente la ditta, sempre all’avanguardia, mi iscrisse ai relativi corsi. Devo proprio dire che non estimai particolarmente le tecniche che mi venivano insegnate, però pensai che si trattasse di un mio modo di non saper accettare “il nuovo” (sistema manageriale ben definito, calcolato e che non tiene conto dell’essere umano come tale) e lasciare “il vecchio” (una gavetta e una scalata sociale in base alle capacità acquisite all’interno della ditta), quindi continuai a frequentarli regolarmente.

La società iniziò a mutare la propria politica interna proprio in base a questa nuova formula. Improvvisamente cominciarono ad assumere dei bravissimi manager esterni che… non avevano alcuna idea in che cosa consistesse il lavoro svolto all’interno della ditta!

Il loro operato consisteva nel valutare le cifre dei vari reparti e fare delle previsioni su come gestire al meglio le forze lavoro… licenziando… vendendo… smantellando a poco a poco l’intero “impero” che nel giro di qualche anno si ridusse ad una cosa ridicola con una ventina di dipendentì (nel frattempo avevo però preferito prendere il largo da quelle persone che, pur non avendo alcuna idea di quel genere di lavoro, si permettevano appunto di dettare legge, regolare i tempi, gli orari e le risorse umane necessarie).

Cosa è successo a partire dagli anni ottanta? È succeso che i manager sono diventati sempre di più, gli studi più complessi e, relativamente, i loro stipendi più elevati fino ad arrivare a quelle vergognose cifre che tutti ben conosciamo.

Ora, facciamo innanzitutto una chiara distinzione tra “manager” e “manager”. In certe società il “manager” principale è anche quella persona che ha “creato” la ditta stessa, che l’ha costruita dalle fondamenta fino al tetto, mi sembra anche logico che il termine di “manager” è semplicistico e riduttivo in quanto si tratta propriamente di un termine definito in modo “burocratico”, quindi questo genere di “manager” hanno il pieno diritto di avere dei privilegi rispetto al dipendente addetto a semplici lavori di fattorino.

La vera “vergogna” però riguarda quel genere di manager che fino ad oggi hanno solo aumentato la disoccupazione decentralizzando, ristrutturando o qualsiasi altro “…ando” abbiano imparato a gestire, manipolare e plasmare durante i loro studi da manager. Nella maggior parte dei casi queste persone non hanno idea di cosa produca, venda o offra la ditta per cui lavorano. Non sono in grado di sedersi personalmente al posto di uno dei loro “sottomessi” e svolgere quella determinata mansione ma giungono a imporre assurdità a chi effettivamente lavora con stipendi spesso ridicoli.

Però sono strapagati… ma da chi?

Chi stabilisce che queste persone abbiano questo genere di corrispettivo?

I dipendenti della ditta con il posto di lavoro a rischio? Sarebbe ridicolo…

Chi ha interesse che sia così? Semplicemente proprio loro stessi. Avendo proprio loro a disposizione simili capitali sono proprio loro che investono questi capitali in azioni. Naturalmente non si accontentano di dividendi normali, sarebbe inconcepibile. I dividendi devono essere sempre più alti perché il loro capitale è “bloccato” nell’investimento, poi c’è l’inflazione, tutto aumenta e quindi l’investimento deve fruttare il più possibile. Per fruttare il più possibile non serve solo aumentare la produzione, niente affatto! Occorre principalmente diminuire i costi, e per fare questo ci sono gli specialisti: loro stessi, i Manager che richiedono un miliione al mese per farne risparmiare due all’azienda ma che intanto si favoriscono a vicenda. Ben sappiamo in che modo si può risparmiare, basta diminuire i costi della forza lavoro richiedendo maggior impegno a quella rimanente, e qualora ne va di mezzo la qualità del prodotto o del servizio si licenziano ancora altre persone dei “bassi ranghi” così quelli che rimangono cedono al ricatto e si autosottopongono a tutto quanto viene loro richiesto. La ditta è in difficoltà? No problem, è colpa del mercato, dei costi di produzione esagerati cui è co-responsabile uno stato che chiede sempre più tasse e sempre più rigorose misure di sicurezza… è colpa del semplice impiegato che suo malgrado si trova a dover tenere la contabilità, redigere piani di marketing, occuparsi delle scartoffie, della gestione grafica del sito internet, del database degli articoli…. a duemila franchi al mese! Non è mai colpa dei manager che non sanno neppure se stanno vendendo pannolini per bambini o alta tecnologia.

Stranamente però quando una squadra di calcio non vince, il primo a subirne le conseguenze è il manager, l’allenatore, il mister… perché non ha saputo gestire la squadra. E tutti sono d’accordo, anche se sono stati i giocatori che non hanno dato il massimo di sé negli allenamenti o nella partita decisiva. Qui in un modo e là in un altro, ma senz’altro c’è chi ha la spiegazione logica pronta. È normale che un manager venga strapagato, d’altro canto è proprio lui che crea tutta una rete di “sviluppo” attorno al fulcro dell’azienda, tanto poi se dovesse andar male c’è magari il fatto che sia “too big to fail” e interviene ancora lo stato, quindi è meglio lasciar fallire quelli che sono già falliti in partenza: quelli che lavorano o sperano di poterlo fare.

Il piccolo investitore? Beh, anche lui nel suo “misero” tentativo di arricchirsi si aspetta il massimo del suo investimento, proprio come i grandi: ottenere il massimo con il minimo dello sforzo. Certo, chi non lo vuole? Chi non vuole lavorare il meno possibile con il massimo del rendimento? Cosa otteniamo di questo passo? Siamo veramente così ciechi da credere che questo ci porta fuori dalla crisi in cui ci siamo venuti a trovare proprio grazie a questo sistema basato esclusivamente sull’aria fritta? Lasciamo ancora che i nostri politici continuino a riempire le tasche a certe aziende (di cui probabilmente sono anche loro stessi direttamente o indirettamente coinvolti) affinché vengano di conseguenza gonfiati i conti di questi manager che continueranno a investire laddove possono trarre il massimo del guadagno con il minimo sforzo (anzi, con uno sforzo inesistente)?

Se siamo dove siamo arrivati dobbiamo ritenere responsabile l’operaio o l’impiegato che ha chiesto le 40 ore settimanali e a fine mese riesce a risparmiare appena ciò che basterà a fine anno per pagare le tasse, la cassa malati? Certo! Colpa sua che non vuole lavorarne 80, che non vuole andare in pensione a 80 anni, che si lamenta della vignetta autostradale per 100 franchi o del pacchetto di sigarette a 10 franchi. Vergognatevi operai! Vergognatevi impiegati! Vergognatevi sindacati che non suddividete ulteriormente i lavoratori in ancora più categorie in modo da avere più possibilità di manifestare… ora per il muratore che spinge la carretta e domani per quello che la carica. Quello che la svuota non ha bisogno del contratto collettivo perché basta che quello che la spinge la capovolga…   ma Vergognatevi un po’ tutti che vi farebbe bene!

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E  visto l’esito della votazione aggiungo:  SPATATAM!

lunedì 4 novembre 2013

Vergogna

Einstein e la Crisi


…In qualsiasi famiglia, in tutto il mondo – e forse anche in altri mondi – nella struttura di una famiglia (sia “tradizionale” o altro) vi sono delle regole che non c’è bisogno vengano scritte. Sono regole stabilite dal buon senso e che non avrebbero bisogno di essere insegnate o… ricordate. Sono regole che vengono seguite in modo spontaneo senza neppure che ci si debba ragionare sopra o tanto meno discuterne.
A capo di una “famiglia” troviamo solitamente i genitori, indipendentemente dal fatto che siano “naturali”, “acquisiti” o “imposti”, che si sono assunti la responsabilità per la famiglia stessa. Ne regolano il funzionamento a livello pratico e ne gestiscono anche a livello economico il funzionamento affinché sia equo per ogni individuo ne faccia parte. Nel caso di difficoltà finanziarie, di periodi di “crisi economica” è il genitore che si trova a dover stabilire delle priorità facendo dei tagli dove necessario, e solitamente le necessità dei figli sono le ultime ad essere toccate a scapito delle proprie. Si dà l’esempio rinunciando a tutto quanto si possa rinunciare pur di non far pesare troppo la situazione ai figli, probabilmente ancora agli studi, o magari bisognosi di cure speciali, ma anche per non farla pesare a quelli un po’ più birbantelli…
È impensabile che in caso di necessità un genitore non si assuma tale responsabilità, ne vale l’armonia stessa della “famiglia”. Sarebbe vergognoso se in caso di “crisi” i genitori andassero a fare tagli esclusivamente sulle necessità dei propri figli… Niente più ripetizioni private per le materie difficili, niente merenda da portare a scuola, niente corso di nuoto, niente visite dal medico o dal dentista, niente pasti regolari… Vergognoso anche favorire il figlio maschio piuttosto che la femmina, o il minore obbligando il maggiore a sospendere gli studi per trovare un lavoro…
Sarebbe ancor più vergognoso se nel frattempo gli stessi genitori facessero tutto questo per non rinunciare all’auto nuova superaccessoriata e supersicura, alla donna delle pulizie (la vicina di casa) che due/tre volte la settimana “deve” aiutare a smaltire la mole di faccende accumulatisi. Per non rinunciare alle ferie, alla settimanale visita dall’estetista e dal parrucchiere. Ma vergognoso sarebbe anche se quanto risparmiato grazie ai tagli sulle spese dei figli venga utilizzato per ampliare la casa con un locale hobby che dovrà pure essere arredato e completato con tutti gli strumenti di ultima generazione e la cui manutenzione richederà forti investimenti nel corso dei prossimi dieci/vent’anni… il colmo della vergogna si raggiungerebbe comunque qualora i genitori avessero la sfrontatezza di dire ai figli che questo è per il loro bene, che se non fosse così sarebbe peggio… che se non facessero lavorare l’impresa per la costruzione o non acquistassero quelle macchine l’economia intera andrebbe a rotoli ed a farne le spese sarebbero ancora loro: i figli! …e in un futuro (molto lontano) ne saranno riconoscenti…
Sarebbe davvero una vergogna, vero?
Ma se invece di una famiglia si trattasse di una nazione? O di molte nazioni?
Se invece dei genitori fossero certi governanti a comportarsi così e i figli – il popolo – si trovasse a dover subire? Perché questo non sarebbe una vergogna?
Quanti politici stanno già compiendo simili boicottaggi e nessuno interviene a dargli una bella bacchettata sulle mani? Perché nessuno riesce a togliere il potere a questi individui, anzi li si appoggiano cercando di trarne il massimo del beneficio?
Vergogna è quando le ristrettezze vengono richieste solo al popolo. Vegogna è quando si fa credere al popolo che anche gli statali subiscono dei tagli ma non si specifica che gli “statali” sono quegli insegnanti che dovrebbero essere orgogliosi di preparare i nostri figli ad affrontare la vita, o quei funzionari allo sportello che insultiamo perché disponibili poche ore al giorno dimenticando che dietro lavorano duramente, esattamente come lo facciamo (o dovremmo farlo) noi. Vergogna è vedere gli stessi politici aumentarsi gli stipendi e diminuirsi l’età del pensionamento perché loro lo meritano in quanto impegnati tutto il giorno a far valere una costituzione che come primo punto importante recita che “ogni cittadino è uguale davanti alla legge”, e già dopo pochi articoli inizia con le distinzioni: maschio/femmina, giovane/anziano, sano/malato, cattolico/di diversa religione/ateo, coppia eterosessuale/omossessuale/con figli/senza figli, stipendi bassi (tasse al 45%)/stipendi alti (tasse al 5%)…
Vergogna! Vergogna! Vergogna!
Vergogna per chi ha ancora il coraggio di dire che non è vero. Vergogna per quei fortunati con un lavoro ben pagato che non sono d’accordo con dei minimi di stipendio umani e giusti: guai! dovrebbero rinunciare loro a parte dello stipendio. Vergogna a chi trova ingiusti gli aiuti assistenziali ai bisognosi solo perché conosce una o due persone che ne approfittano: speriamo non dobbiate trovarvi voi in certe situazioni…
Vergogna! Vergogna! Vergogna!

 

Ed ecco un “piccolo” monito:

 

 

E ancora uno spunto per pensare e vergognarsi…. ma non non siamo (ancora) a questo punto… o no?….

 

domenica 18 agosto 2013

La mia Scuola Reclute

(by Massimo Enzo Grandi)

esercito-svizzero

La Scuola Reclute. Quanti bei ricordi!

Non fosse stato obbligatoria avrei scelto di fare ugualmente questa esperienza? Molto probabilmente no.
Mi è piaciuta? Decisamente Si
La rifarei? Senz’altro!
La farei ora anche se fosse facoltativa? Si. La farei. Probabilmente con maggior fatica rispetto alla prima volta di 33 anni fa, ma senz’altro con uno spirito più maturo e consapevole.
È giusto togliere l’obbligo al servizio? Sarebbe un vero peccato. Non tanto per i motivi (discutibili) addotti dai contrari all’accettazione della votazione del 22 Settembre, quanto per il fatto che in quei quattro mesi ci si sente veramente responsabili per i civili che incontri per la strada. Ci si sente diversi, o almeno io mi sono sentito così.
Certo, mi dà fastidio che vengano spesi miliardi per l’acquisto di aerei militari quando dall’altra parte i nostri pensionati percepiscono meno di duemila franchi al mese, quindi è forse lì che occorrerebbe tirare un po’ la corda, ma la Scuola Reclute è una specie di diploma per essere sia un uomo che un essere umano, in tutti i sensi.
Molto probabilmente portando forse la SR e tutto il Servizio Militare più su un lato di “Servizio Civile” ne godrebbe di più tutta la popolazione, e ben si sa che un popolo "disarmato ma unito e consapevole" è molto più onorevole di un popolo armato e ignorante. Probabilmente avrà meno possibilità di vincere, ma meglio perdere con onore, piuttosto che vincere con disonore. Credo sia questo che la nostra leggenda di Guglielmo Tell ci tramanda: difesa dell’onore e consapevolezza delle proprie azioni.
Per me i pro e i contro della votazione hanno entrambe carte positive e carte negative. Sinceramente non ho ancora deciso cosa sceglierò di votare, sarà una sorpresa anche per me stesso.
La votazione si riferisce all’obbligatorietà al Servizio Militare che si vorrebbe togliere lasciando la libera scelta ai cittadini, ma già il fatto di definire il tema in votazione come “Per una Svizzera senza Esercito” - prendendo spunto dal nome dal comitato che ha lanciato l’iniziativa - è fuorviante e può far pensare che accettandola si chiuda il capitolo Esercito. Ma non è assolutamente così.
Probabilmente si tratta di un primo passo con l’intenzione di arrivare ad una futura abolizione dell’esercito, ed è anche lo scopo mai negato dal gruppo referendario, ma non è una dichiarazione di cessazione effettiva e dà ancora la possibilità di gestire una discreta linea di difesa dei confini Svizzeri (Ticinesi preparatevi che in caso di attacco siamo i primi a saltare…lol..)
Lasciamoci sorprendere dei risultati che comunque siano dovranno essere rispettati (e spero non succeda come la legge Weber sull’Ediliza Selvaggia), intanto però vorrei ricordare la mia esperienza in merito alla SR.
Trovandomi all’estero al compimento dei miei 20 anni ho dovuto “recuperare” la mia Scuola Reclute a 22, quindi nel 1980, come Fuciliere di Montagna (FM).
Da una parte i racconti di chi descriveva la SR come una cosa orribile oltre che inutile. Dall’altra invece magari proprio le stesse persone che raccontavano le bellissime esperienze di cameratismo, le nuove amicizie allacciate e tutti i bellissimi luoghi visitati proprio in quel periodo… Cosa mi aspettava quindi?
Il fatto che fosse obbligatorio però non dava alcuna possibilità di scelta: lo dovevo fare!
Di anni ne sono passati molti, addirittura una vita di Cristo, ma ricordo ancora benissimo il primo giorno su quella piazza d’armi a Isone.
Mentre eravamo tutti in attesa sul grande piazzale mi immaginai come sia veramente stata la scena raccontatami da M. di qualche anno più anziano di me. Ridendo con orgoglio del suo “coraggio” mi aveva infatti dipinto con i più sgargianti colori la scena di come si fosse presentato a quell’importante appuntamento: in Taxi, vestito e truccato da “Drag Queen” con parrucca, calze a rete e pelliccia… forse potrebbe sembrare nulla di male, se non fosse che M. era (ed è ancora) un gran pezzo d’uomo, imponente e con dei baffoni irti e spessi come se ne vedono pochi. Credo che stessi ancora ridendo da solo come uno stupido quando iniziarono a chiamarci a uno a uno per andare a ritirare il nostro abbigliamento.
Si erano formati diversi gruppetti di ragazzi che si conoscevano già, qualcuno parlava dei militari già presenti in caserma, prevalentemente della Svizzera Tedesca e Romanda, incorporati come  Granatieri, uno dei corpi ritenuti più “duri” del Servizio Militare e che si paragonava ai Marines statunitensi. Io, come al solito, cercavo di starmene in disparte. La chiamata era in ordine alfabetico, e già alla “B“ ecco che sotto lo sguardo sorpreso di tutti si fece avanti un ragazzo di colore, alto, magro e scarno. Qualcuno commentò ad alta voce in dialetto  “Hey, vuoi una banana?”” e questo si girò di scatto, e suscitando l’ilarità di tutti gli altri gli risponse a sua volta in dialetto qualcosa tipo “Adesso la dò a te la banana” come solo un ticinese avrebbe potuto fare. Inutile dirlo che si guadagnò subito la simpatia di tutti noi altri presenti.
Scegliere la misura giusta per l’abbigliamento è stata una cosa così rapida e veloce che quasi tutti ci si era ritrovati con capi assolutamente non della misura giusta, ma ci sarebbe stata comunque ancora la possibilità di cambiarli in seguito… forse…
Quante belle amicizie allacciate in seguito con alcuni di quei ragazzi sconosciuti: Quante sciocchezze commesse insieme che ci hanno portato a piangere tanto si rideva, quanti ricordi che attendono un piccolo stimolo per riaffiorare!
Durante tutti e quattro i mesi ho preso molto a cuore diverse situazioni, come quel caporale che durante la marcia lunga si fece carico di trasportarmi sulle spalle per gli ultimi chilometri perché mi si erano aperte delle brutte piaghe ai piedi. O la gentilezza del personale medico-infermieristico che doveva occuparsi di me anche più votlte la settimana per alcuni problemi cronici di salute… Altre cose magari mi hanno un po’ meno fatto piacere, come per esempio quando durante un’esercitazione notturna ruppi gli occhiali e non mi vennero pagati perché fu ritenuta una negligenza da parte mia, mentre a un altro pagarono un Rolex smarrito che in realtà non era stato smarrito affatto… (ma questo non ha a che vedere con la SR).
Durante i tiri con il fucile ottenni sempre degli ottimi punteggi, quasi tutti si aspettavano quindi mi venissero assegnati i tanto agognati “bottoncini d’oro”. Giunto il giorno della gara uscirono tutti con il solito modo disordinato dalla camerata. Come d’abitudine lasciai passare il grosso della bolgia per uscire con gli ultimi e la mia attenzione venne attratta proprio da un fucile stranamente per terra, in mezzo al corridoio, con alcuni che ci passavano sopra e altri addirittura gli davano colpi con il piede per spostarlo. Fu una di quelle situazioni dove capisci subito che qualcosa non funziona, infatti si trattava del mio fucile che (spero inavvertitamente) era caduto. In seguito all’incidente l’alzo e il mirino subirono dei danni e durante la gara non centrai neppure una volta il cartellone del bersaglio. La delusione fu tanta, ma comunque qualcuno – purtroppo non ricordo se uno dei Caporali o il Furiere Bäbler – mi volle ugualmente premiare dandomi uno dei suoi tanto preziosi “bottoncini d’oro”.
Oltre ai caporali sempre pronti sia ad aiutarci che a riprenderci a seconda del caso, il nostro gruppo dei Fucilieri faceva capo al Tenente Corrent, un po’ schivo ma comunque corretto, imparziale e orgoglioso della sua responsabilità. Di rango superiore al Tenente Corrente c'era il nostro Capitano, il Sig. Christel, con il quale intrattenni delle piacevoli e interessanti discussioni, naturalmente suscitando la gelosia di qualche altra recluta.
Queste figure erano quasi giornalmente presenti durante tutto il periodo di SR, ma c’era comunque ancora qualcuno al di “sopra”. Ricordo di come  tutti parlassero del Generale Monaco come di una persona dura, forse addirittura cattiva. Anche senza conoscerlo scherzavamo tutti sui nomi che si diceva avesse scelto per le sue figlie, tipo “Mina”, “Granata”, “Fanteria”, e cose del genere. Eravamo tutti molto tesi quel giorno che, presi con degli esercizi “sul campo”, si aspettava la sua visita.
Improvvisamente eccolo apparire in lontananza sopra un’altura in una tipica posizione strategica. Riconosciutolo gli corsi letteralmente incontro ad annunciare la nostra compagnia, come si suol fare in queste occasioni. Probabilmente qualcuno ha preso il mio gesto come un “leccaggio”, mentre invece mi sembra di ricordare di essere stato nella posizione più comoda per la presentazione di rito.
Ci tengo a dirlo che non sono un militarista sfegatato, piuttosto forse l'opposto, ma l’emozione di aver fatto una presentazione a “regola d’arte” davanti a quel personaggio così importante ha riempito il mio orgoglio più del diploma professionale conseguito qualche anno prima. Dopo aver passato in rassegna i suoi soldati mi fece chiamare… Panico totale! Tutti i pensieri possibili cominciarono a scorrere nella mia mente: cosa ho sbagliato? Quale punizione mi attende?
Dopo i dovuti rigidi saluti il Generale Monaco mi si rivelò per quello che era: un uomo! Un uomo malgrado la sua rigidità così criticata e accusata. Dico questo non tanto per quanto mi disse, ma proprio per il suo modo di fare da vero Generale ma soprattutto da vero Signore e Gentiluomo  proprio con la S e la G maiuscole. Mi disse di aver saputo dei miei problemi di salute e che potevo andarmene a casa anche il giorno stesso. Mancava poco più di un mese e mezzo al termine dei quattro mesi di SR, e anche se spesso dicessi di volermene andare, in realtà mi faceva piacere essere lì. Senza pensarci due volte ringraziai ma dissi che terminare il corso per me fosse una sfida cui non volevo rinunciare. E così fu.
Per i miei problemi di salute venni distaccato in ufficio e vedevo come i miei commilitoni rientrassero praticamente distrutti dalle esercitazioni divenute via via più intense e dure. Spesso mi parlavano di quanto fosse stato “palloso” e “stressante” soprattutto lanciare i missili anticarro, chiamati ÜG. il fatto che pronunciare in tedesco questa sigla fosse divertente, non incideva sul fatto che, sembrava, fosse chissà quale impresa il loro utilizzo, quindi la mia fantasia non osava neppure pensare di cosa veramente si trattasse, partivo dal presupposto che fosse una cosa orrenda! Ma eccoci all’ultima settima. Eravamo al Centro Nordico di Campra quando il Furiere mi disse che erano rimasti diversi di questi missili inusati e che ci sarebbero stati problemi se si fosse terminato il corso con questa rimanenza. Risultato? Io e un altro commilitone staccato in ufficio (L), all’insaputa del resto della compagnia ci trovammo a utilizzare da soli 4 o 5 casse di questi missili uno dietro l’altro e… divertendoci pure un sacco! ...soprattutto pensando alla faccia che avrebbero fatto gli altri se avessero saputo che ne sparammo più noi in un ora di quanti ne avrebbero probabilmente sparati loro in una vita.
L’ultimo appello sulla piazza d’armi di Airolo. Tensione generale degli ultimi minuti sperando che sia tutto in ordine e che si possano rompere le righe per l’ultima volta. Ecco… “Potete andare!” e fummo di nuovo persone normali, uomini. Non esisteva più il Caporale, il Tenente, il Capitano. Solo uomini esuli da un’eperienza in comune che, volenti o nolenti, ci ha aiutato a crescere, ad apprezzare la collaborazione del nostro prossimo, ad affrontare la vita con occhi nuovi.

giovedì 25 luglio 2013

Un secondo tubo per la sicurezza

(Commento di M.E.Grandi alla lettera al CdT pubblicata in data 24.07.2013)
Il sig. Paolo Vismara di Porza scrive:
“Ho letto con piacere l'editoriale di «Co­operazione» apparso la settimana scorsa. Il caporedattore ha ben evidenziato i pro­blemi viari di chi, per ragioni di lavoro o di piacere, deve valicare il S.Gottardo du­rante il week end. Purtroppo si sa che durante l'estate il traffico sull'asse nord­sud aumenta a causa dei vacanzieri che si recano a passare il loro meritato riposo in Ticino o in Italia. La conseguenza per gli automobilisti sono le lunghe code che si formano al S. Gottardo. Immaginare una chiusura totale della galleria per più di tre anni, come si prevede nel caso in cui non si voglia procedere con la realizzazione di un secondo tubo, sarebbe disastroso e farebbe precipitare nel caos più completo l'intero sistema di collegamento da e per la Svizzera interna.”
Fino qui non ci piove, occorrerebbe però aggiungere che il “caos più completo” è relativo, infatti i transiti Dal Ticino per la Svizzera interna e viceversa non avrebbero alcun impedimento ma possono benissimo venire effettuati con le nostre efficienti Ferrovie Svizzere. A rimanere toccati sarebbero al massimo i transiti dai paesi del Nord verso l’Italia e viceversa, che oltretutto sono quelli che influiscono maggiormente ai congestionamenti non solo del Gottardo, ma che in qualsiasi caso possono optare per passaggi alternativi attraverso altri paesi EU, ma forse le ritorsioni e le pressioni dell’EU verso la neutrale Svizzera sono più ad effetto (indesiderato)…
“Un dato di fatto è certo: la galleria attuale è stata inaugurata nel 1980 e, dopo oltre trent'anni di onorata attività, ha bisogno di un risanamento strutturale. L'unica via possibile per poter continuare a garantire una via d'accesso al Ticino o, rispettiva­mente, al resto della Svizzera, è quella di costruire un nuovo tubo.”
La via d’accesso al Ticino c’è già e una volta risanata sarà pronta per diversi altri decenni di attività (si spera…). Non si può assolutamente asserire che l’unica via possibile per garantire l’accesso sia di costruire un nuovo tubo adducendo a motivi già confutati qui sopra.
“Molti tendono a lamentarsi che così facendo si aumenterà il traffico e il Ticino ne subirà le conse­guenze. Basta con questi giochetti subdo­li, le corsie rimarranno le stesse (una per andare, una per tornare). Ciò che aumen­terà, semmai, sarà la sicurezza per tutti gli automobilisti.”
Non si tratta di un giochetto subdolo, non vi è nulla di ambiguo o ingannatore in ciò che come oppositori sosteniamo ma bensì parliamo di realtà palesi: che il traffico in transito subirà senz’altro un forte aumento È un dato di fatto. Non venendosi più a trovare rallentati da queste “zone problematiche”, chi ha finora optato per altri mezzi o altre vie approfitterà di questa situazione. Caso mai potremmo etichettare come subdolo il tentativo di far credere che sia per la sicurezza di tutti gli automobilisti: sicurezza sì al primo posto, però la responsabilità per la vivibilità di una – seppur piccola – regione non è da prendere così alla leggera.
“Come detto giustamente anche da Da­niele Pini su «Cooperazione», se si deci­desse di chiudere la galleria attuale per procedere ai lavori di rinnovo, le solu­zioni per gestire il traffico al S.Gottardo sarebbero molto più gravi, con la costru­zione di grandi stazioni di trasbordo che porterebbero solo ulteriore caos.”
Non ho avuto l’occasione di leggere l’articolo del signor Pini, ma come già detto all’inizio il traffico normale Ticino/Svizzera interna non è tale da richiedere la costruzione di grandi stazioni di trasbordo o la realizzazione di chissà quale altro fantasmagorico progetto. Questa prospettiva sembra palesata appositamente per toccare “sul vivo del portafogli” il contribuente. Non dimentichiamo che prima dell’avvento dei trasporti su strada si è sempre provveduto all’uso della ferrovia; la stazione di smistamento a Chiasso per esempio è sempre stata una delle più importanti e funzionali in Europa e – oltre agli investimenti previsti per la riqualifica delle zone adiacenti – potrebbe essere nuovamente interessante per le FFS investire quanto basta per renderla nuovamente tale. Anche se il sig. Andreas Meyer è di nazionalità tedesca da quanto mi risulta ha sempre dimostrato un certo occhio di riguardo per dei servizi ferroviari svizzeri all’avanguardia e ben vengano "stranieri” del genere, quindi sono sicuro che saprà tirar fuori dal suo cilindo delle soluzioni più che soddisfacenti. Non va inoltre dimenticato che ciò contribuirebbe alla creazione di nuovi posti di lavoro, o meglio al recupero di molti posti di lavoro andati persi nel corso degli ultimi anni (sempre che non venga anche qui facilitata l’assunzione di nuovo personale frontaliere specializzato).
Anche l’avvento delle prime stazioni Hupak ha contribuito per un certo periodo a facilitare sia i trasporti merci che quelli internazionali. La liberazione dei trasporti a 34 tonnellate con il contingentamento delle 40 tonnellate ha in seguito iniziato a mostrare i primi grossi problemi di viabilità non solo in merito alla mole di traffico ma soprattutto allo stato del fondo stradale. Una volta realizzato un secondo tubo del Gottardo e adeguate le vie autostradali vedremo giungere a flotte dalla vicina Germania bisonti stile American Trucks e li vedremo subito uscire dal valico di Chiasso dopo averci lasciato – dietro compenso pecuniario – una montagna di polveri fini e aria irrespirabile. Ma forse a Porza l’aria è migliore… più “fine” e il problema non si presenterà…
“Non oso immaginare una situazione del ge­nere e spero vivamente che il Ticino e tutta la Svizzera abbiamo un occhio di riguardo per il nostro valico più impor­tante.”
Anch’io non oso immaginare una situazione del genere e spero vivamente che il Ticino e tutta la Svizzera abbiano un occhio di riguardo per la nostra salute e il nostro benessere e non per il solito portafogli…
emmenthal 
Senz’altro il sig. Vismara ha le sue valide ragioni per appoggiare il doppio tubo. Visto che ha apprezzato particolarmente i problemi accennati dal sig. Pini relativi all’intralcio di chi ha necessità di recarsi oltre Gottardo nei periodi critici, probabilmente ne è direttamente toccato e non riesce a vedere oltre alle sue necessità. Tutti lo facciamo, chi più chi meno, e non si tratta di egoismo. Il problema però sorge quando non riusciamo ad immaginarci un cambiamento nella nostra routine, non riusciamo a vedere le cose per quello che sono e ci ostiniamo a vederle per ciò che vogliamo siano.
In tedesco esiste un bellissimo termine: Umdenken, inteso come “ribaltare il proprio modo di vedere le cose”, infatti solo in questo modo si riesce a valutare veramente quale punto di vista sia quello che veramente vogliamo utilizzare e agire di conseguenza. Io la mia scelta l’ho fatta, però mi piace ricordare che “Il bello delle nostre convinzioni è che le possiamo cambiare quando vogliamo”, e non va riferito esclusivamente agli “altri” ma soprattutto verso se stessi.

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Sabato 10 agosto 2013 al lido di Melano: Falò nelle Alpi


 
mercoledì 17 luglio 2013

Progresso, tecnologia, benessere…

(by Massimo Enzo Grandi)

Ascoltando un interessante servizio su RSI1 in cui si parla di viaggi sulla luna, astronauti, tecnologia ecc.

Dopo vari racconti sui diversi viaggi, sui personaggi che li hanno compiuto, sullo sbarco sulla luna e altre belle avventure, improvvisamente l’intervistatore chiede “Ma in fin dei conti, a cosa ci è servito, a cosa ci serve questa esplorazione dello spazio?”

Dopo aver sottolineato che queste esperienze sono praticamente un nonnulla rispetto allo scopo asserito di ricerca della nostra identità terrestre all’interno di un universo infinito, l’intervistato inizia a sottolineare l’importanza che abbiano avuto queste esperienze per il progresso dell’umanità. Non mi sfugge un commento di questo personaggio che asserisce che non dobbiamo dimenticare che la tecnologia utilizzata dalla NASA ha contribuito sensibilmente al progresso sviluppando la tecnologia che al giorno d’oggi ci contraddistingue, come Natel, Internet ecc. quindi al benessere dell’umanità stessa.

Allibito vorrei potergli gridare: “Che cavolo stai dicendo?” con l’espressione del nostro caro Arnold….

Penso… penso… e ripenso…

Che cos’è il benessere? Perché è così diverso per ognuno di noi? Cosa significa il nostro agire per il benessere?

Le domande si aprono una dopo l’altra. Sono centinaia, migliaia…

Questa persona che sta parlando alla radio e ascoltata (forse) da qualche migliaio di persone, sta asserendo che la tecnologia che stiamo utilizzando al giorno d’oggi è un benessere…

Secondo questa persona (e moltissime altre) avere a disposizione un iPhone o un Samsung di ultima generazione è benessere?
Obbligare gli utenti televisivi e/o radiofonici a cambiare gli apparecchi o a comperare marchingeni vari supplementari per la riecezione “ottimale” è simbolo di benessere?
Creare situazioni economiche favorevoli solo a grossi gruppi imprenditoriali è simbolo di benessere?
Permettere a industrie private di gestire a piacimento i servizi sanitari e sociali a scopo di lucro è benessere?
Investire miliardi per “possibili” situazioni del futuro, chiudendo gli occhi sulle persone che intanto ai bordi di questa autostrada industriale stanno letteralmente diventando un’ombra di se stessi, è benessere?

Stiamo parlando di benessere del singolo essere umano o semplicemente dell’unico benessere che viene tenuto in conto: quello economico? (che appartiene solo ad uno stretto gruppo di persone).

L’ho già citato da qualche altra parte che secondo un famoso personaggio un paese si muove al passo del cittadino più lento, peraltro io vorrei aggiungere che “correre avanti più in fretta per preparargli un riparo per il futuro” non è la cosa migliore da fare. Non possiamo, o meglio non dobbiamo spendere neppure un centesimo per creare una situazione futura in cui chi non ce la fa oggi potrebbe (e lo sottolineo come condizionale: potrebbe) trarne vantaggio. E intanto nell’immediato cosa fa? Deve forse continuare ad avere fiducia in chi gli fa credere di agire per il suo bene? che gli fa credere che la sua sofferenza attuale lo porterà ad uno sviluppo meraviglioso di un domani molto, ma mooolto lontano? O addirittura che porterà i suoi figli ad averlo?

Quindi:

Progresso: Dovrebbe essere un avanzamento comune di ogni singolo individuo, non la creazione di prodotti raggiungibili solo da alcuni a scapito dell’identità e della dignità di altri

Tecnologia: Non serve a nessuno, a meno che sia gratuita e disponibile a chiunque per il benessere generale (il benessere come specificano nel prossimo punto).

Benessere: anche se per ognuno è diverso, quello comune dovrebbe essere sociale e solidale, non prettamente egoistico ed economico, mentre quello personale è legato principalmente alla stima ed al rispetto di se stessi, come pure al riconoscimento da parte della società della propria individualità.

Tutti quindi vogliamo il benessere. Peccato che il benessere lo interpretiamo in modi diversi.

mercoledì 19 giugno 2013

Diritti e dovere

by Massimo Enzo Grandi
Al mondo abbiamo tante leggi. Sono così tante che nessuno è in grado di conoscerle tutte. È quindi impossibile riuscire a rendersene conto (NB che non dico “seguirle”, perché la maggior parte sono veramente impensabili).
Perché?
Perché, dico io, permettiamo che vengano emesse leggi che stabiliscono quante persone possono trovarsi contemporaneamente nello stesso posto?
Perché in alcuni stati (non faccio nomi) ci sono articoli di legge che stabiliscono quante volte un essere umano maschile può “scrollare” il suo organo sessuale dopo aver fatto la pipì in un bagno pubblico? Oppure stabilisce che NON può fumare nel suo proprio appartamento?
Perché, sempre in certi stati, esistono leggi che permettono lo spaccio e la vendita di prodotti pericolosi (leggi esplosivi, armi, droghe) e la prostituzione, ma ne vietano l’uso, tanto da giungere ad avere poliziotti femmine che si fingono prostitute per arrestare i probabili clienti?
Perché ci lasciamo illudere dalle spiegazioni che certi provvedimenti sono ESCLUSIVAMENTE per il nostro bene?
Perché ognuno pretende di avere un insieme di leggi infallibile e ha il potere di coinvolgere anche chi non sa cosa stia realmente facendo?
Io dichiaro qui, in questo mio testo,che …
Ogni essere umano DEVE avere gli stessi diritti di tutti gli altri e UN SOLO DOVERE: rispettare il diritto dei suoi simili finché questo diritto sia congruo con il loro dovere!
Cosa vogliamo di più?
sabato 8 giugno 2013

Non sempre chi vince ha ragione…

di Massimo Enzo  Grandi
Secondo le cronache un tempo Il Tibet aveva ampie estensioni in varie zone della Cina grazie agli appoggi con i Mongoli, i Ming e i Quing.
Nel 1911 – quando cioè si concluse l’Impero Celeste e nacque la Repubblica di Cina (in seguito proclamata Repubblica Popolare di Cina nel 1949) – Il Tibet divenne quello stato indipendente che vive ancora nel nostro immaginario con i monaci in continua preghiera capeggiati da quel personaggio che è il Dalai Lama.
Questo personaggio è molto seguito in tutto il mondo per i suoi insegnamenti che non si riferiscono esclusivamente a norme di condotta legate al buddismo o al lamanesimo, bensì per l’umanità stessa che egli riesce a infondere nei suoi discorsi. È proprio grazie a questa sua qualità che viene spesso invitato un po’ ovunque nel mondo a tenere conferenze, a portare un po’ di luce e di speranza e, non per ultimo a trovare conforto e appoggio per l’esilio forzato in seguito all’invasione dei territori del Tibet da parte della Repubblica Popolare di Cina.
In Svizzera sono moltissimi ad appoggiare la causa del Tibet e, sinceramente, si è sempre creduto che alche il nostro governo avesse un occhio di riguardo per questa situazione non di facile soluzione (vista la potenza della parte in causa). in effetti è proprio così: “si è sempre creduto”. Lo si è fatto fino a metà aprile 2013, quando durante un’ennesima visita in Svizzera il Dalai Lama non è stato ricevuto ufficialmente dal Consiglio Federale ma solo da alcui parlamentari.
Secondo le prime informazioni i notiziari televisivi hanno chiaramente indicato come causa principale di questa “mancata ufficializzazione” della visita – come invece è accaduto con tutti gli altri governi dei paesi in cui il Dalai Lama si è finora recato – al fatto che il Governo svizzero fosse in strette trattative economiche proprio con la Repubblica Popolare di Cina!
Malgrado in Svizzera vi sia una delle più grandi concentrazione di profughi tibetani, il nostro governo non ha alcuna intenzione di intrattenere rapporti in quanto “Il Tibet forma semplicemente una regione autonoma all’interno della Cina e, inoltre, non è giunta alcuna richiesta formale in merito”.
Siamo a inizio giugno, e nel frattempo le trattative con la Cina sono “a un ottimo punto” e il Consiglio Federale è molto soddisfatto… perché io allora non lo sono? Perché non mi sento a mio agio sapendo che le persone che ci rappresentano si abbandonino a “orgie economiche” con un paese che non ha rispetto per l’individualità ed il diritto umani? Questa mancanza di rispetto non è riferita solamente al modo in cui hanno agito verso un popolo straniero quale quello tibetano, ma comprende anche le ingiustizie verso il proprio stesso popolo.
Ogni cittadino cinese viene trattato come schiavo e viene defraudato da ogni diritto di lottare per la propria liberazione. Come avviene con la religione in certi paesi, in Cina questo avviene anche soprattutto in modo violento già a partire dalla tenera età, quando cioè è più facile annullare completamente la volontà di un individuo… però forse non è nulla, rispetto agli utili miliardari che la confederazione riuscirà a realizzare esportando formaggio con i buchi e orologi di plastica in un paese dove il popolo è obbligato ad acquistarne un tot con la prospettiva di continuare a produrre merce pericolosa e scadente da riempire gli scaffali dei negozi in Svizzera che altrimenti venderebbero solo roba di qualità…
lunedì 8 aprile 2013

Sei

(by Massimo Enzo Grandi)

Notizie che parlano di cose incomprensibili ora bianche e ora nere. Quando credi di aver riconosciuta la verità da una parte o dall’altra, ecco che ne compare un’altra: rossa. Il tutto è nuovamente in discussione.

Libertà di informazione! Si, certo… fino a che questa libertà non è anche di interpretazione, di condizionamento, di “credimi è come dico io e non come vedi tu”. Meglio sarebbe non essere informati. Rimanere all’oscuro per poter godere della luce e illudersi… oppure approfondire, con il rischio di scoprire che non era vero niente, che sei stato volutamente distratto per un altro scopo.

Sei. Confusione.

Forse la passività è ancora l’attività più idonea. Una indifferenza che fa la differenza in quello spazio finito di un universo infinito, una indifferenza che lascia il vuoto da riempire con la concretezza e la certezza: il tentativo di misurare l’immisurabile.

Sei. E speri che tutto taccia. Sei. E l’attesa di ciò che ti aspetta diviene insopportabile, spostando ancora più lontano ciò che hai bisogno di aver vicino, soprattutto e in primo luogo di avere.

Sei. E lo scorrere dell’aria attorno a te ferisce con il suo fragore assordante. Ma ciò che più  ferisce è il sapere sia solo il preludio a ciò che continuamente devi fingere di accettare per non peggiorare la situazione.

Sei. Lo sai di essere tu ad attrarre gli eventi, a creare il percorso su cui proseguire verso quel luogo che si trova ovunque tu voglia. Ben sapendolo ti meravigli di tutte quelle informazioni di cui faresti volontieri a meno. Informazioni che ti stringono lo stomaco in contrazioni che a fatica riesci a tenere sotto controllo. Sono proprio io che ho attirato tutto questo? Perché? Mi chiedo…

Sei. Freddo. Tristezza con la gioia pronta a saltar fuori con un bel “Finalmente!”

Sei. Anzi no, ormai le Sette.

martedì 2 aprile 2013

La fine della Chiesa

(di Massimo Enzo Grandi)

2000 anni fa – non importa se sia veramente esitito o se sia nato o meno il 25 dicembre in una grotta da una quindicenne vergine – qualcuno iniziò a diffondere degli insegnamenti profondi e chiari. Insegnamenti basati principalmente sull’amore e sul rispetto del prossimo. Insegnamenti che chiaramente ponevano in un luogo di poca importanza le inutilità e la pericolosità di ciò che veniva considerato normale perché ritenuto frutto della parola di un Dio che parlò per mezzo dei profeti. Un Dio che nessuno accetava più che parlasse per il tramite di qualcun’altro in quanto risultava scomodo agli interessi personali di pochi eletti al potere in quel periodo.

Dopo aver commesso un grosso errore, cercando di mettere a tacere i responsabili di questi insegnamenti, qualcuno però si rese conto che l’effetto era l’opposto di quello auspicato. Solo con abilità e astuzia riuscirono a girare ancora la situazione a proprio vantaggio appropriandosi del pieno diritto su tali insegnamenti che, adegauatamente ritoccati e presentati, hanno potuto mantenere il potere dalla parte meno onesta.

Ogni tentativo di ripristinare la verità professata originariamente venne subito messa a tacere senza alcuna esclusione di colpi, mentre le menzogne per far apparire ancora più veritiero l’inganno divennero sempre più sottili e sofisticate.

1200 anni dopo che quelle meravigliose verità furono proferite, ecco che qualcun’altro si chiese a cosa fossero serviti quegli insegnamenti visto che chi li professava si comportava proprio al loro opposto, per di più traendo vantaggi di ogni tipo proprio da chi invece si atteneva con fede e amore a quegli insegnamenti e che, in questo modo, è sempre stato sottomesso e sfruttato. Al poverello di Assisi fu riconosciuto subito il tocco divino e sia lui che i suoi seguaci furono subito santificati  e benedetti … proprio da quegli individui che della santità e della benedizione non avevano mai neppure lontanamente avuto sentore. E in questo modo si riuscì nuovamente a mantenere l’esclusivo potere a quel certo gruppo che lo deteneva con degli scopi ben diversi da quelli professati. Potere che – sostengono – è conferito da un’autorità suprema “invisibile ma onnipresente”, senza che comunque vi siano prove evidenti e sicure.

L’evoluzione fino ai giorni nostri ci ha portato informazioni e messaggi di ogni tipo che inquinano ora le eventuali prove a favore e ora invece quelle contrarie, quindi qualcuno si è preso la briga di rianalizzare sia i testi che ci hanno narrato gli eventi di 2000 anni fa e sia  quelli ancora precedenti che parlano di un primo uomo e di una prima donna il cui figlio, dopo aver ucciso il fratello, prende moglie da tribù vicine, fatto che prova l’esistenza di altri esseri umani oltre al primo uomo e alla prima donna ma che però non viene assolutamene ritenuto di importanza, perché l’importante è che solo quelli furono il primo uomo e la prima donna, gli altri si fa finta che non esistessero.

Le teorie sono sempre più complesse, alcune frutto di fantasie o di allucinazioni di presunti personaggi che si credono gli unici a saper leggere tra le righe, altre invece basate su studi seri e coscenziosi che possono esclusivamente basarsi su quanto tramandato nei vari millenni. Non si tratta di un lavoro facile, non siamo neppure in grado di sapere esattamente cosa stia succedendo ai giorni nostri malgrado l’informazione e i mezzi a disposizioni, o forse è proprio grazie a questi che ci troviamo confrontati con troppe versioni anche contrastanti su fatti sia banali che di primaria importanza, in modo che la nostra valutazione ne è decisamente influenzata in un modo o nell’altro.

Si tratta di analizzare testi scritti in un linguaggio che si presta anche a due traduzioni diverse, l’una l’opposta dell’altra, a dipendenza da quali vocali vengano inserite tra le consonanti tramandate. Quindi ogni traduzione sinora fatta o che verrà fatta in futuro, può essere solo ipotetica, e dimostra comunque la scaltrezza di chi si è occupato di questa stesura che si presta ad essere interpretata in base alle necessità.

Ecco che da poco la Chiesa Cattolica Cristiana ha eletto un nuovo Papa. Questi ha scelto il nome di Francesco, come quel poverello di Assisi cui fu dato un “contentino” per non permettergli di mettere in mostra il vero volto della bestia che si nutre dell’innocenza umana. Francesco ha mostrato dall’inizio una semplicità cristica che mi auguro genuina e spontanea.

Si parla molto di profezie sull’ultimo Papa che segna la fine della chiesa. Alcune interpretazioni ritengono che sia proprio Francesco. Ma cosa significa la “fine della Chiesa”?

Fine della fede? No – Fine della purezza del messaggi di quel Cristo (indipendentemente se sia esistito o meno ecc. ecc.)? No…. Se fosse semplicemente la “fine delle menzogne”? Questa propri mi sembra la più azzeccata: la fine delle menzogne create attorno ad una verità. Menzogne che sono visibili nel comportamento ben lungi da quello professato da chi detiene il “diritto” su una verità che nessuno potrà mai e poi mai nè confutare ma nemmeno confermare.

Giungerà il giorno in cui certe persone saranno così oneste da vergognarsi per tutto ciò che hanno fatto?

Se la fine della Chiesa Cattolica Cristiana Romana significa “ritorno all’insegnamento originale attribuito a Gesù Cristo e seguito da personaggi come Francesco d'Assisi” ben venga. Ciò non può che veramente giovare all’umanità intera…

Ma visto le sottigliezze cui siamo stati finora sottoposti, siamo sicuri che Papa Francesco non sia un ulteriore “conentino” per distogliere la nostra attenzione da tutti gli altri che continuano a non agire in quel modo? Sinceramente mi auguro di no… prefeisco la “fine della Chiesa” che comporta la vittoria degli insegnamenti del Cristo (sempre indipendentemente dal fatto che…) piuttosto che una fine che distrugge anche le “cose buone” che (volenti o nolenti ma comunque con raffinatezza e doppi scopi) sono state tramandate fino ai giorni d’oggi.

Ah, dimenticavo… io non sono né un santo né un profeta, dico solo ciò che credo di vedere. Che poi sia o meno la verità non spetta a me dirlo…

Realtà economica in Ticino

Discussioni a non finire, notizie contrastanti, dichiarazioni insensate, progetti allucinanti ritenuti necessari a fin di bene e proposte sensate e (quasi) umane dipinte con i colori antisociali e antieconomici…

L’economia che si prospetta a braccetto con un commercio vacuo e di parte è una brutta bestia che, seguendo finora le sue leggi e applicandole anche dove proprio non hanno nulla a che vedere, ha solo portato contrasto e “distruzione” alla sua stessa struttura.

Anche se il benessere dovrebbe essere distribuito in modo equo in modo da permettere a chiunque una vita dignitosa e senza carenza alcuna, ci si batte per i commerci equi e solidali dei paesi in via di sviluppo disogliendo l’attenzione ai problemi locali molto più diretti e influenti sulla nostra piccola realtà di “Svizzera ideologica” ma poco “effettiva”.

Queste affermazioni le si possono chiaramente attingere parlando con la gente comune che si incontra per strada, non parlando con i commercianti, gli imprenditori o i politici prigionieri delle loro convinzioni economico-politiche-commerciali quasi inculcate a forza in quanto DEVE proprio funzionare così indipendentemente dall’impatto che certe decisioni possano avere sul “misero” cittadino comune (di serie D?).

Una volta un personaggio famoso ebbe a dire che “il benessere e la solidità della società la misuro in base alle gru che riesco a vedere guardando dalla finistra”  cioè più cantieri attivi in funzione dovrebbero mostrare una situazione florida e sicura… Magari fosse così!
Nei periodi di “crisi” economica cui ho avuto modo di assistere – alcuni lievi e alcuni più gravi – si è sempre iniziato a parlarne proprio in base alle difficoltà del ramo edilizio appunto, primo segno chiaro e lampante di una situazione inaccettabile. Ecco che quindi a livello politico si è sempre spinto principalmente a risollevare la categoria favorendo la realizzazione di nuove opere o la ristrutturazione di esistenti in modo da impiegare l’edilizia anche se non prettamente necessario. Tutto ciò con l’impiego di capitali supplementari naturalmente ottenuti con modifiche varie alle “leggi” di gestione dei capitali da parte del governo. Queste decisioni hanno sempre portato a tagli ai vari investimenti, solitamente destinati all’istruzione, alla cultura, allo spettacolo ecc. ecc. Oppure ancora ecco tasse supplementare su certi prodotti ritenuti dannosi per la salute (come tabacco, alcol, idrocarburi – ottime scuse per giustificarne percentuali di “imposte” che superano anche il 60%) con la speranza (ipocrisia pura) che chi ne faccia uso continui a farne (altrimenti sono guai seri).
Risultato finale? Zone industriali con capannoni vuoti e fatiscenti per cui (sembra) i proprietari ricevono pure sovvenzioni per il fatto della loro giacenza inattiva; costruzioni che sorgono a destra e a sinistra a discapito delle aree verdi ancora visibili negli agglomerati urbani; strade sempre più larghe e trafficate che rendono l’aria irrespirabile; banche che (oltre ai miliardi che ricevono come noccioline dal governo) incamerano interessi ipotecari, commissioni, partecipazioni varie e chi più ne ha più ne metta… e tutto che ricade sempre nuovamente sulle spalle del cittadino medio-comune che rischia persino di perdere l’impiego in seguito alle “difficoltà finanziarie” (sempre stabilite secondo le leggi del commercio, quindi nella maggior parte dei casi non reali) del datore di lavoro che deve far fronte a queste “spese” non preventivate.

Si ritiene che questi “incentivi” alla costruzione siano di utilità all’economia, infatti possiamo benissimo notare a che punto siamo giunti (e non è la prima volta). Anche in questa ultima “crisi” vedremo sempre le stesse cose proprinateci come “toccasana” mentre invece sono semplicemente “aria fritta” (per giunta irrespirabile) che porterà solo illusione ai molti e benessere ai pochi.

Che non mi si venga a dire che un nuovo tunnel nel Gottardo porterà benessere al Ticino. Un’opera che comporta un investimento di miliardi e che richiama principalmente mano d’opera d’oltre Gottardo e anche straniera.
Se andiamo a vedere la percentuale di traffico attuale che ha un vero impatto sul benessere del Ticino e dei ticinesi, molto probabilmente ci renderemmo conto dell’irrisorietà di questo benessere effettivo che il singolo “buco” attuale porti. Certo che se consideriamo “benessere” trovare tutti i giorni dell’anno le fragole sugli scaffali dei supermercati, nutrirsi con la carne di vitello a colazione pranzo e cena o ingozzarsi di specialità di ogni dove come fosse “polenta”,   il nostro punto di vista accetta queste situazioni, anzi crede di riconoscerle come di “primaria importanza per stabilire la nostra individualità e la nostra possibilità di scelta”. Non dimentichiamo comunque anche che molti dei prodotti che ci giungono da oltre Gottardo sono già transitati sul nostro territorio giungendo dall’Italia per lo smistamento nei relativi centri della Svizzera interna (esattamente come la lettera imbucata a Chiasso per un destinatario di Chiasso deve prima recarsi alla centrale di smistamento in Svizzera interna per poi tornare al punto di partenza – sempre che non debba necessitare di una centrale supplementare di deposito in quanto non si tratta di posta celere, visto che probabilmente costa meno una persona a separare la posta “A” dalla posta “B” o “C” piuttosto che mandare tutto avanti come si era sempre fatto prima senza difficoltà alcuna)

Ma rendiamoci una volta per tutte conto di cosa questi nostri “piccoli peccati” comportano; informiamoci sull’impatto “eco-solidale-sociale-politico-economico-eccetera-eccetera” che comporta il nostro “sfizio” di poter scegliere tra “25 tipi diversi di latte” e migliaia di suoi derivati (in cui si dovrebbe comprendere gli eccessi di carne bovina dovuti proprio alla necessità di disporre del latte).

Mi si permetta questa vignetta come parentesi che spero faccia pensare.

Mucca

Probabilmente ci si aspetta che il traffico supplementare in transito porti benessere al turismo locale, infatti per gli amici della Svizzera Interna siamo considerati “il salotto soleggiato”, forse è per questo che vengono a impiantare i loro commerci pagando stipendi inferiori al resto della Svizzera ma vendendoci i loro prodotti allo stesso prezzo. Per questo forse acquistano a prezzi bassi stabili d’appartamenti per poi applicare gli affitti come in altre parti dove il costo d’acquisto è nettamente superiore… Forse è per questo che, passato il Gottardo, non rispettano i limiti di velocità, slacciano la cintura di sicurezza e usano il telefonino impropriamente “perché tanto in Ticino fanno tutti così” (veramente lo dicono in Schwitzer-dütch).
Tanti poi nella maggior parte dei casi passano semplicemente “in transito” senza vedere nulla del Ticino. Vuoi per certi ripari fonici che tolgono la visuale su paesaggi che potrebbero essere attrattivi, vuoi per la tanta decantata accoglienza dei ticinesi abbinata alla precisione e all’ordine e pulizia tipicamente Svizzeri…

Nel corso del 2012 ho avuto modo di assistere ad un servizio sulla TSI dove venivano paragonati un albergo (se non erro 3 stelle) a Ponte Tresa ed uno con lo stesso standard in territorio italiano a pochi km di distanza. Notevoli già le immagini relative alla reception: se da una parte l’ambiente era caldo, accogliente di stile classico, di una certa “importanza” e impatto visivo, dall’altra sembrava di vedere un angolo espositivo dell’IKEA con il classico sidebord scialbo e insignificante piazzato vicino a un tavolo non meglio identificato. A dare più risalto alle due contrastanti immagini ecco le ricezioniste che venivano intervistate: una con un elegante tailleur scuro, camicetta abbottonata regolarmente, foulard decorativo che dava un tocco elegante e faceva risaltare un viso piacevole e sorridente. Pettinatura sobria e curata, la ragazza parlava con toni cortesi, gentili e senza dare l’impressione di “tirare l’acqua al suo mulino” o di criticare la concorrenza d’oltre confine. Dall’altra parte invece una figura non meglio definita, capelli crespi in disordine, espressione quasi “schifata” giustificata dall’argomento toccato riguardante la carenza di “ospiti” che preferiscono andare oltre confine in Italia dove “lo standard ed il know how non è da paragonare al nostro”… alla faccia dello standar elevato e alla professionalità! Rimaniamo preferibilmente al livello di bettola da paese o di grotto (non quelli odierni dove devi prenotare per mangiare “nouvelle cuisine” pagandola a prezzo d’oro) che senz’altro è quello che ci contraddistingue di più e ci rende più credibili e non richiede sforzi “sovrumani” per apparire come non siamo.

Però i turisti che transiteranno nel secondo “buco” del Gottardo tra qualche decennio – perché di sicuro lo faranno – probabilmente questi saranno entusiasti di questa pittoresca accoglienza tipicamente ticinese che conferma la loro idea in merito di una popolazione insoddisfatta, senza mete o obiettivi e facilmente sfruttabile a piacimento per i propri scopi che non possono attuare a “casa loro”.

Con questo non intendo dire che “lo straniero” (non ticinese) non è ben visto – dato che senz’altro qualcuno potrebbe pensare che le mie asserzioni siano razziste nei confronti dei nostri stessi confederati – voglio solo sottolineare che già da parte delle autorità vi sono troppe differenze di trattamento tra i vari cittadini svizzeri. Difatto vengono fatte (seppur elegantemente) discriminazioni che li separano in categorie e classi ben distinte. Basti pensare che se la costituzione stabilisce con uno dei suoi primi articoli l’uguaglianza tra tutti i cittadini, subito dopo inizia a farne distinzioni tra cittadini “femmine” che hanno questi e quei diritti (se poi vengono o meno rispettati è un altro discorso), più avanti si stabilisce anche il diritto di partenariato tra coppie dello stesso sesso (regolamentare una convivenza indipendentemente dal sesso non era possibile?), si è però omesso di specificare se le persone coinvolte in questo genere di partenariato possono anche essere di religioni diverse o magari anche di razza e colore misto… non si sa mai, un domani arriverà pure quello..
In questi giorni (gennaio 2013) si parla anche della proposta “No al Burka” in quanto a dar fastidio non è tanto il fatto di girare mascherati in modo da non farsi riconoscere – come con un passamontagna, un casco da motociclista e altri mascheramenti usati solitamente per compiere atti illeciti – ma ci si batte esclusivamente verso una categoria religiosa ben precisa pretendendo che la popolazione accetti decisioni razziste e discriminatorie anche contro cittadini svizzeri che appartengono all’ideologia islamica… bella uguaglianza di diritti! Bel rispetto dell’articolo costituzionale che ci pone tutti sullo stesso livello. Possibile che nessuno se ne accorga? Sono solo io forse lo stupido che fraintende?

Ma torniamo a vedere la situazione dal lato di investimeno finanziario della confederazione. Di sicuro se le casse federali possono versare miliardi alle banche (too big to fail, cioè troppo grandi e importanti per “lasciarle” fallire) che li distribuiscono come bonus tra i “manager strapagati” per stabilire quanti dipendenti licenziare in modo da ottenere qualche milione di utile in più (che in fondo basterebbe licenziare loro per risparmiarne già a sufficienza), di sicuro quindi possono anche versare qualche centinaio di miliardi alla comunità europea (di cui NON facciamo parte) per favorire l’inglobamento di paesi dell’est in difficoltà. La scusa sono principalmente gli accordi bilaterali che ci “impongono” questa partecipazione (pena ritorsioni, tra l’altro, quindi ricatti politico-economici da parte della comunità europea stessa, almeno così ci dicono i nostri politici che si apprestano a versare questi miliardi), ma mi chiedo quali vantaggi abbia finora avuto la Svizzera con questo tipo di accordi, visto che i vantaggi sono tutti solo dall’altra parte e a noi comportano solo una partecipazione finanziaria “forzata”.
Poi ci sono anche i miliardi previsti per l’aquisto degli aerei militari, perché Maurer ha affermato, durante un’intervista alla stampa estera, che ne abbiamo assolutamente bisogno in quanto prevede possibili “tentativi di invasione da parte di nazioni confinanti facenti parte dell’unione Europea stessa” (notizia riportata sui quotidiani all’estero ma che non ho avuto modo di leggere qui in Ticino… magari non l’ho semplicemente vista io, dato che non sono abbonao ad alcun giornale, ma credo che una notizia simile meriti per lo meno un titolo cubitale in prima pagina…).
Dunque se è possibile usare tutti questi miliardi per gli scopi qua sopra enunciati è normale che ve ne siano anche per “Emmentalizzare” il Gottardo per la gioia dei “toponi” che si pappano quanto rimane superfluo.

Per essere sicuri di avere i capitali necessari per farlo basta limitare le sovvenzioni utili nell’immediato: basta versare solo dieci milioni per la salute pubblica (soprattutto prevenzione), qualche altro milione per “salvaguardare l’identità Svizzera” (qualcuno mi spieghi qual’è), o anche (notizia proprio del 19.1 visibile qui) un duecentomila franchi all’Aiuto Aids Svizzero in Ticino che si preoccupa di organizzare una bella festicciola di “Coming Out” per informare i giovani “omosessuali” sui comportamenti a rischio (wow! giù tutti a vedere quanta “carne nuova” a disposizione… ma questo è un altro discorso) – mentre intanto le casse malati diminuiscono le cure ed i medicinali riconosciuti e rimborsati per poter soddisfare i principi “economici” dell’azienda (molto più importanti della salute pubblica) e, con eleganza giustificata… aumentano i premi. D’altro canto anche l’A.I. si da da fare per il reinserimento degli invalidi nel mondo del lavoro, principalmente affidando l’invalido da reinserire ad una ditta privata che, nell’arco di alcuni mesi e per un costo che non mi è noto, si occupa di istruire l’assicurato su come redigere un curriculum vitae e su come presentarsi ai collocqui. Se non dovesse funzionare ecco che il corso si ripete, perché è chiaro: se l’assicurato non trova lavoro è lui che ha sbagliato a gestire il tutto e necessita di rifare il corso anche più volte per la gioia di quell’imprenditore che ha avuto la geniale idea di aprire una ditta specializzata proprio per quello. Anche le multinazionali farmaceutiche realizzano utili astronomici grazie ai costi esagerati di medicinali ritrovati grazie sempre ai contributi pubblici e privati che ne hanno sponsorizzato la ricerca, e gli stessi governi che sponsorizzano non si preoccupano di porre dei limiti giusti e deontologicamente accettabili alla produzione di medicinali anche superflui o addirittura inutili. Poi ci si ritrova (aprile 2013) ad asserzioni come quella della Novartis che “i medicinali contro il cancro low-cost non rispettano le leggi sulla proprietà intellettuale” – riferendosi chiaramente ai costi sostenuti per la ricerca che fanno salire a 1000 franchi il prezzo dei medicinali costinuiti da pochi franchi di materia prima…

Ma forse il nuovo buco supplementare del Gottardo risolverebbe un sacco di problemi. Aumentando infatti le cause di disagio potrebbero aumentare di conseguenza le necessità di altri interventi che richiedono investimenti da parte di privati facoltosi, privati che usufruiscono di facilitazioni da parte degli istituti di credito (sovvenzionati sempre ancora dallo Stato) che, grazie alla maggioranza della loro clientela (l’uomo medio) da cui possono spremere i fondi necessari, favoriscono appunto i (pochi) primi a discapito dei (tanti) ultimi… e già, perché più soldi hai a disposizione in banca e più alti sono i tassi di interesse che ricevi e minori o addirittura inesistenti le spese di gestione dei conti sui quali avvengono la maggior parte delle operazioni; mentre il semplice cittadino medio che non riesce a risparmiare dal misero stipendio in modo da avere un minimo fisso sul conto stabilito dall’istituto di credito (per esempio Posfinance si basa su un “deposito fisso minimo” di Fr. 7500.- il che sarebbe già un bel averli), deve pagare mensilmente delle tasse per effettuare due o tre pagamenti irrisori (ai grandi investitori). Insomma, un serpente che continua a mordersi la coda. Non è il caso forse di dare un taglio netto?

I risparmi possibili che consentono l’esborso per una simile opera inutile sono innumerevoli, si è già infatti ridotto il periodo di diritto alla disoccupazione in modo da “abbassare” la percentuale di disoccupati in Svizzera ed evitare il malcontento e l’eccessivo esborso (fatto che pone in negativo la cassa disoccupazione stessa) delle casse di compensazione. Il fatto che i cittadini (medi) passino o meno all’assistenza è irrilevante, quei pochi che lo fanno (incuranti peraltro delle ripercussioni negative che ne possano avere) causano “spese” alla confederazione che possono venire recuperate ancora in altri “balzelli” per esempio sulle sigarette, come già si compiono a favore dell’AVS, per non parlare del trattamento di “simpatia” che viene loro riservato da chi ha la fortuna di avere un lavoro e che si sente defraudato nel sapere che parte del suo stipendio va nelle tasche di questi “simpatici fannulloni”. L’importante è non attingere ai fondi (miliardari) previsti per l’acquisto dei Gripen, o ai capitali destinati a “tangenti” in favore del mantenimento degli accordi bilaterali (favorevoli dunque a chi investe in nero all’estero e ne trae quindi un beneficio finanziario effettivo svicolando il sistema di tassazione svizzero, alla faccia dei connazionali)… giammai!

Ma controllare tutte queste manovre anomale, gestite e favorevoli esclusivamente a personaggi subdoli, egoisti e malintenzionati nei nostri confronti, è impossibile. Infatti sono proprio loro che ci fanno credere che il “segreto bancario” esista e debba continuare ad esistere per proteggere noi cittadini medio/bassi… quasi che fosse di rilevanza planetaria che il nostro acquisto con carta di credito al supermercato sia una vergogna da non mostrare…anche se, in fin dei conti, il mio acquisto è stato fatto alla luce del sole e sotto decine di occhi. Perché deve essere così importante che io NON mostri al mondo intero il mio estratto conto? Far vedere quanto spendo in cure mediche e quanto la cassa malati mi risarcisce metterebbe forse troppo in mostra il fatto che devo comunque ancora fare di tutto per reperire i fondi necessari a coprire cose già pagate e strapagate ai loro finanziatori? (eh già, sono migliaia di migliaia le persone davanti ad un monitor di internet pronte a spiare il conto corrente di M.E.Grandi) O mi ridicolizzerebbe per il fatto di non approfittare degli aiuti sociali dando lavoro a: ufficio disoccupazione + Sindacato + Uffici Sociali che svolgono solo un controllo se sono veramente alla ricerca di lavoro o meno e non hanno alcun mezzo (interesse?) per aiutarmi effettivamente a trovarlo e mi classificano direttamente a loro volta “non collocabile” (quindi da lasciar sparire/morire nel nulla)?

Questa è socialità? È azione politica a favore del cittadino?

Se tutto il discorso che precede ha avuto inizio da quella semplice frase pronunciata da un famoso economo che basa il benessere in base al numero di gru, cosa possiamo dire su quell’altra parimenti famosa secondo la quale “Il benessere e la solidità di una società è come una catena e andrebbe misurata in base al suo anello più debole”?

Cosa dovrebbe convincermi che il portare ad un minimo di 3’000 franchi lo stipendio al personale addetto alla vendita – come recentemente proposto – sia sfavorevole all’economia locale in quanto aumenterebbero le persone straniere che per esempio presentano richiesta di lavoro da noi in Ticino? (asserzione fatta in un intervista televisiva da Carlo Coen, rappresentante dell’associazione commercianti del Mendrisiotto)
Cosa mi può far pensare che sia normale che proprio a Chiasso ci sia personale addetto alla vendita che nel 2013 percepisce ancora uno stipendio lordo di 2400 Fr. quando io già vent’anni fa (fino al 1993, anno in cui cessavo l’attività) pagavo i miei dipendenti 3’000 franchi lordi indipendentemente se maschi o femmine… e senza per altro pretendere prestazioni straordinarie fuori dall’umana comprensione? Cosa mi dovrebbe spingere ad accettare un’occupazione a tempo pieno per 2’000 franchi lordi mensili mettendo a disposizione addirittura la mia auto per andare a fare la spesa per la famiglia di cui mi occupo delle pulizie e, già che ci sono, occuparmi dell’istruzione dei bambini, della sistemazione dell’impianto elettrico e/o telefonico, tenere magari la contabilità della proprietà aziendale del mio generoso datore di lavoro usando in modo perfetto il pacchetto Office 2010 e anche i principali programmi grafici anche relativi al sistema Macintosh, occuparmi anche della fatturazione, della logistica e della gestione acquisti-vendite dell’attività svolta dal figlio maggiore, tagliare i capelli e fare la messa in piega alla moglie del datore di lavoro e alla moglie del figlio mentre organizzo e preparo le refezioni per la famiglia e gli ospiti (pane e pasta fatti assolutamente in casa), tenermi a disposizione per eventuali necessità nell’arco delle 24 ore per sette giorni e dichiarando addirittura di non essere fumatore (come se con duemila franchi mensili uno potrebbe anche permettersi le sigarette) e parlare e scrivere correttamente tedesco, inglese, francese, portoghese, spagnolo, russo, cinese e – se possibile – essere di lingua madre rumeno. (pfffiuuu, un semplice posto da donna delle pulizie insomma…)

Cosa può farmi pensare che sia normale pagare due franchi e cinquanta un caffé perché si deve tener conto dei costi accessori come la carta igienica, la corrente elettrica, la pulizia e la svuotatura dei posaceneri che si trovano all’entrata dove tutti sono uniti a fumare creando un tampone di fumo che impedisce agli avventori non fumatori di entrare – o almeno ne rende l’accesso sgradevole e inaccettabile? Perché devo pagare io 4 rotoli di carta igienica solo bevendo un caffé? (Carta igienica Denner 3 strati: Fr. 4.95 per 10 rotoli). Perché il gerente del bar (o la società che gestisce il bar) deve pagare mille e oltre franchi alla SUISA per trasmettere musica all’interno dei suoi spazi quando oltre alla musica vi è tanta di quella pubblicità che basterebbe a offrire un caffé gratuitamente a tutti gli ascoltatori ogni giorno (e per altro senza che gli autori effettivi dei brani trasmessi abbiano la loro corretta parte, visto che le radio private pagano una cifra fissa indipendentemente dai brani trasmessi)? E oltretutto poi il caffé magari non è neanche buono e viene servito in modo scortese o da una persona frustrata che cerca solo l’occasione di sfogare il suo malcontento sul primo malcapitato?

Che cosa è anche questa fissazione di favorire in modo anomalo le grosse catene di distribuzione che possono applicare prezzi di vendita dei prodotti nettamente inferiori al prezzo d’acquisto che devono sborsare i piccoli dettaglianti? Letteralmente, perché un piccolo dettagliante per una scatola di cioccolatini Lindt deve pagare al grossista un prezzo superiore a quello al dettaglio applicato in negozio da Coop o Manor? La conseguenza sono clienti che si accaniscono contro il commerciante innocente tramite boicottaggio e relativa chiusura dei piccoli commerci di paese, con la gioia e la piena soddisfazione di chi non è disposto o non è in grado di fare lunghi spostamenti per gli approvigionamenti…

La voglia di continuare ad esprimere il mio giudizio è talmente tanta che preferisco trattenermi ancora per i blog successivi.

Malgrado i miei punti di vista molto particolari che si possono trovare esposti nei miei altri blog, non posso fare a meno di provare delusione e costernazione per tutto quanto capita al giorno d’oggi in Ticino (e non solo).

Se proprio vogliamo mantenere un’integrità “svizzera”, “ticinese” nel pieno rispetto di quanto prospettato dai padri stessi della nostra nazione (non mi permetto di dire “splendida” in quanto lo splendore si è spento da molto tempo) dovremmo forse fare qualche passo indietro, cambiare la camera d’aria forata e distrutta da un uso scorretto invece di applicarvi pezze sopra le molteplici pezze già applicate precedentemente, e finalmente riconoscere che ciò che è stato fatto fino ad oggi era sbagliato ed è proprio quel modo di pensare che sta distruggendo la nostra economia e con essa la società stessa.

Una soluzione semplice ed efficace è proprio quella di ridurre tutto quanto è stato invece sinora incentivato. L’esempio semplice lo possiamo avere per quanto riguarda il traffico. Se su una strada vi è sempre un traffico automobilistico eccessivo che disturba la zona attraverso cui transita, la reazione finora è stata di allargare la strada. In questo modo non si è ridotto il traffico, si è solo data la possibilità di aumentarlo e aumentando ulteriormente il disagio. Lasciando invece invariata la larghezza della strada, o addirittura rendendola ancora più stretta e difficoltosa al transito, gli utenti tenderannno ad optare per altre vie o altri mezzi di trasporto come i mezzi pubblici. Se però i mezzi pubblici si ostinano a mantenere prezzi esagerati basandosi sul quantitativo di passeggeri attuale (in modo da coprire le spese ed avere comunque un margine di guadagno) molti utenti non ne faranno capo, precludendo così la possibilità alla compagnia che li gestisce di diminuire in modo ragionevole i prezzi in quanto i ricavi lo permetterebbero. Ecco che in questo caso specifico invece, la direzione per esempio delle FFS (carica ricoperta da un cittadino germanico che senz’altro è un esperto in marketing e tecnologie manageriali) preferisce aumentare il costo dei biglietti e diminuire il personale adibito ai servizi relativi (tipo abolizione del tipo che passa con carrello bar sulle carrozze dove paghi 5 Fr un caffé solubile – Nescafé – e 7 Fr. un panino quasi invisibile – e forse anche del giorno prima, vista la stucchevolezza).

Tornando alle nostre riduzioni – che bada bene non sono del personale, dei dipendenti privati o statali – sarebbe anche il caso di non più facilitare certe situazioni che si sono dimostrate finora non vincenti. Perché sovvenzionare ed aiutare il cittadino “medio” nella realizzazione di un’impresa privata ben sapendo che tale attività non ha futuro e semplicemente con lo scopo di dare una illusoria fiducia all’economia? Perché discutere ore e ore a livello parlamentare su come combattere il “dumping salariale “ (le differenze di retribuzioni che esistono tra situazioni diverse – come sesso o nazionalità – con la parità di lavoro svolto) quando è più che logico che non devono esistere punto e basta e non devono semplicemente venire accettate dai diretti interessati?

Perché continuare a organizzare manifestazioni a livello sindacale, oggi per quella categoria e domani per quell’altra, quando otto ore di lavoro in cantiere, in tipografia, in ufficio, al bar, in negozio o dovunque vengano svolti, devono – e lo dico ancora più chiaro – DEVONO essere riconosciuti nello stesso modo indipendentemente dal sesso di chi li compie, dalla sua nazionalità, religione o ideologia politica, dagli studi che ha dovuto effettuare per giungere a svolgerli e dalle difficoltà che ha dovuto superare? Al massimo forse una differenza minima, ma non abissale come invece sussiste attualmente dove una categoria percepisce fino a 10 volte ed oltre lo stipendio della “classe” più povera. Le otto ore (auspicate) di presenza in ufficio di un manager non sono forse simili di quelle del venditore che deve essere sul posto di lavoro almeno mezz’ora prima dell’apertura del negozio e lo lascia magari mezz’ora dopo, ma cui vengono comunque conteggiate e retribuite solo le ore stabilite da contratto dalle/alle? La differenza dipende solo dal fatto che il secondo non è così intelligente o effettivamente vi sono motivi plausibili di cui non sono a conoscenza?

Riduciamo il commercio in Ticino! Di conseguenza si riducono tutti quegli interessi anomali ad appropriarsi della fetta più grande. Puntiamo di più sull’autonomia in modo che non si debba dipendere dal sig. Gessler o da Napoleone o da chi per essi, ridiamo onore e valore alla semplice cultura contadina che ha contraddistinto i nostri avi portandoli a preferire l’ideologia patriottica montana del patto del Rütli al modernismo-snob-espandistico-consumistico-politico-economico-ridicolomanontroppo-commerciale di Zurigo o Ginevra o Milano…

Visto che un giorno qualcuno disse che noi ticinesi non abbiamo identità in quanto siamo stati sempre sottomessi dagli “invasori” di turno, saremo mai in grado di sfoderare gli attributi semplicemente mostrando superiorità e indifferenza a queste violenze, invece che lasciarci convincere che sia tutto per il nostro bene?