giovedì 21 novembre 2013

1:12 tra furbi, fortunati e miserabili

(by Massimo Enzo Grandi)

 

Blick - uno dodici

(photo: Blick)

 

Normale vi siano molte discussioni in merito a questa iniziativa che vuole limitare le differenze di salario all’interno di alcune grosse industrie o società (di qualsiasi tipo) affinché la persona meglio pagata non abbia a percepire remunerazioni superiori a 12 volte quelle dei meno pagati.

Proprio ieri qualcuno mi diceva: “figuriamoci se dovesse passare questa stupida legge. Sarebbe un disastro, i manager non avrebbero più interesse a lavorare in Svizzera e sarebbe una perdita incolmabile che va a scapito dell’intera economia nazionale… è un po’ come pretendere che chi guadagna un milione o più al mese paghi la stessa percentuale di tasse di uno che ne guadagna duemila: non avrebbero interesse a rimanere qui e andrebbero dove gli vengono concessi sgravi fiscali…”. Poco dopo il mio interlocutore addirittura aggiunge: “… anche quelli che vanno in disoccupazione e il 70% del loro stipendio di cui hanno diritto equivale a cifre astronomiche… ma cosa se ne fanno? … ma scherziamo? Basta un minimo di sopravvivenza per tutti uguale.”

Naturalmente, come al solito, le mie considerazioni iniziali non hanno minimamente influito sul dialogo che continuò e terminò come un monologo che mi sono sorbito senza più commentare…

 

Questa è la mia esperienza. Forse molto personale, ma è quella che io ho vissuto e che mi ha portato a vedere le cose come le vedo:

 

ho iniziato l’apprendistato presso una grossa azienda internazionale. In quegli anni (1973) nella sede dove lavoravo erano impiegate addirittura circa cinquecento persone. Inutile dirlo che già ai tempi vi erano diversi frontalieri, ma non è questo il punto.

L’organizzazione di questa azienda era “patriarcale”, il che a volte dava un po’ fastidio, ma in generale ha tenuto in piedi il tutto molto a lungo e con successo. La gerarchia e l’organigramma erano ancora regolamentati da vecchie “leggi” non scritte. Si iniziava infatti proprio dalla cosiddetta gavetta, vuoi come semplice fattorino, oppure, come me, come apprendista. In base al proprio operato in seguito si ottenevano delle promozioni partendo da quella di capoufficio, poi mandatario e in seguito procuratore fino a giungere al ruolo di direttore di un determinato settore. Solitamente questo ruolo lo si raggiungeva proprio ad un’età un po’ avanzata e rimaneva quindi proprio l’ultimo sforzo prima del pensionamento. Al termine del mio apprendistato vi fu quindi una prima selezione. Su una quindicina di apprendisti che avevamo dato l’esame nel 1976, eravamo solo 3 (o forse 4, non ricordo più esattamente) ad averli superati e quindi potevamo avere l’onore di essere impiegati a tutti gli effetti, mentre gli altri sono andati per altri lidi…

Se durante l’apprendistato la ditta non curava molto la formazione di noi apprendisti, dopo gli esami le cose cambiavano e venivano organizzati corsi di aggiornamento e, nel mio specifico caso, addirittura soggiorni all’estero per apprendere le principali lingue straniere.

Al mio rientro nella sede venni spostato in vari settori interni, un po’ per acquisire maggior esperienza, e un po’ anche per valutare con concretezza dove avrei potuto svolgere al meglio le mie funzioni… ma forse anche in attesa che si liberasse qualche posto ai “quadri superiori” che in quel periodo erano tutti già occupati.

In quel periodo (inizio anni ‘80) si iniziava a parlare di tecniche manageriali. Naturalmente la ditta, sempre all’avanguardia, mi iscrisse ai relativi corsi. Devo proprio dire che non estimai particolarmente le tecniche che mi venivano insegnate, però pensai che si trattasse di un mio modo di non saper accettare “il nuovo” (sistema manageriale ben definito, calcolato e che non tiene conto dell’essere umano come tale) e lasciare “il vecchio” (una gavetta e una scalata sociale in base alle capacità acquisite all’interno della ditta), quindi continuai a frequentarli regolarmente.

La società iniziò a mutare la propria politica interna proprio in base a questa nuova formula. Improvvisamente cominciarono ad assumere dei bravissimi manager esterni che… non avevano alcuna idea in che cosa consistesse il lavoro svolto all’interno della ditta!

Il loro operato consisteva nel valutare le cifre dei vari reparti e fare delle previsioni su come gestire al meglio le forze lavoro… licenziando… vendendo… smantellando a poco a poco l’intero “impero” che nel giro di qualche anno si ridusse ad una cosa ridicola con una ventina di dipendentì (nel frattempo avevo però preferito prendere il largo da quelle persone che, pur non avendo alcuna idea di quel genere di lavoro, si permettevano appunto di dettare legge, regolare i tempi, gli orari e le risorse umane necessarie).

Cosa è successo a partire dagli anni ottanta? È succeso che i manager sono diventati sempre di più, gli studi più complessi e, relativamente, i loro stipendi più elevati fino ad arrivare a quelle vergognose cifre che tutti ben conosciamo.

Ora, facciamo innanzitutto una chiara distinzione tra “manager” e “manager”. In certe società il “manager” principale è anche quella persona che ha “creato” la ditta stessa, che l’ha costruita dalle fondamenta fino al tetto, mi sembra anche logico che il termine di “manager” è semplicistico e riduttivo in quanto si tratta propriamente di un termine definito in modo “burocratico”, quindi questo genere di “manager” hanno il pieno diritto di avere dei privilegi rispetto al dipendente addetto a semplici lavori di fattorino.

La vera “vergogna” però riguarda quel genere di manager che fino ad oggi hanno solo aumentato la disoccupazione decentralizzando, ristrutturando o qualsiasi altro “…ando” abbiano imparato a gestire, manipolare e plasmare durante i loro studi da manager. Nella maggior parte dei casi queste persone non hanno idea di cosa produca, venda o offra la ditta per cui lavorano. Non sono in grado di sedersi personalmente al posto di uno dei loro “sottomessi” e svolgere quella determinata mansione ma giungono a imporre assurdità a chi effettivamente lavora con stipendi spesso ridicoli.

Però sono strapagati… ma da chi?

Chi stabilisce che queste persone abbiano questo genere di corrispettivo?

I dipendenti della ditta con il posto di lavoro a rischio? Sarebbe ridicolo…

Chi ha interesse che sia così? Semplicemente proprio loro stessi. Avendo proprio loro a disposizione simili capitali sono proprio loro che investono questi capitali in azioni. Naturalmente non si accontentano di dividendi normali, sarebbe inconcepibile. I dividendi devono essere sempre più alti perché il loro capitale è “bloccato” nell’investimento, poi c’è l’inflazione, tutto aumenta e quindi l’investimento deve fruttare il più possibile. Per fruttare il più possibile non serve solo aumentare la produzione, niente affatto! Occorre principalmente diminuire i costi, e per fare questo ci sono gli specialisti: loro stessi, i Manager che richiedono un miliione al mese per farne risparmiare due all’azienda ma che intanto si favoriscono a vicenda. Ben sappiamo in che modo si può risparmiare, basta diminuire i costi della forza lavoro richiedendo maggior impegno a quella rimanente, e qualora ne va di mezzo la qualità del prodotto o del servizio si licenziano ancora altre persone dei “bassi ranghi” così quelli che rimangono cedono al ricatto e si autosottopongono a tutto quanto viene loro richiesto. La ditta è in difficoltà? No problem, è colpa del mercato, dei costi di produzione esagerati cui è co-responsabile uno stato che chiede sempre più tasse e sempre più rigorose misure di sicurezza… è colpa del semplice impiegato che suo malgrado si trova a dover tenere la contabilità, redigere piani di marketing, occuparsi delle scartoffie, della gestione grafica del sito internet, del database degli articoli…. a duemila franchi al mese! Non è mai colpa dei manager che non sanno neppure se stanno vendendo pannolini per bambini o alta tecnologia.

Stranamente però quando una squadra di calcio non vince, il primo a subirne le conseguenze è il manager, l’allenatore, il mister… perché non ha saputo gestire la squadra. E tutti sono d’accordo, anche se sono stati i giocatori che non hanno dato il massimo di sé negli allenamenti o nella partita decisiva. Qui in un modo e là in un altro, ma senz’altro c’è chi ha la spiegazione logica pronta. È normale che un manager venga strapagato, d’altro canto è proprio lui che crea tutta una rete di “sviluppo” attorno al fulcro dell’azienda, tanto poi se dovesse andar male c’è magari il fatto che sia “too big to fail” e interviene ancora lo stato, quindi è meglio lasciar fallire quelli che sono già falliti in partenza: quelli che lavorano o sperano di poterlo fare.

Il piccolo investitore? Beh, anche lui nel suo “misero” tentativo di arricchirsi si aspetta il massimo del suo investimento, proprio come i grandi: ottenere il massimo con il minimo dello sforzo. Certo, chi non lo vuole? Chi non vuole lavorare il meno possibile con il massimo del rendimento? Cosa otteniamo di questo passo? Siamo veramente così ciechi da credere che questo ci porta fuori dalla crisi in cui ci siamo venuti a trovare proprio grazie a questo sistema basato esclusivamente sull’aria fritta? Lasciamo ancora che i nostri politici continuino a riempire le tasche a certe aziende (di cui probabilmente sono anche loro stessi direttamente o indirettamente coinvolti) affinché vengano di conseguenza gonfiati i conti di questi manager che continueranno a investire laddove possono trarre il massimo del guadagno con il minimo sforzo (anzi, con uno sforzo inesistente)?

Se siamo dove siamo arrivati dobbiamo ritenere responsabile l’operaio o l’impiegato che ha chiesto le 40 ore settimanali e a fine mese riesce a risparmiare appena ciò che basterà a fine anno per pagare le tasse, la cassa malati? Certo! Colpa sua che non vuole lavorarne 80, che non vuole andare in pensione a 80 anni, che si lamenta della vignetta autostradale per 100 franchi o del pacchetto di sigarette a 10 franchi. Vergognatevi operai! Vergognatevi impiegati! Vergognatevi sindacati che non suddividete ulteriormente i lavoratori in ancora più categorie in modo da avere più possibilità di manifestare… ora per il muratore che spinge la carretta e domani per quello che la carica. Quello che la svuota non ha bisogno del contratto collettivo perché basta che quello che la spinge la capovolga…   ma Vergognatevi un po’ tutti che vi farebbe bene!

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E  visto l’esito della votazione aggiungo:  SPATATAM!

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