mercoledì 13 febbraio 2013

Anni fa…

Il sentiero parve diventare buio improvvisamente, per la prima volta sentii su di me quella strana sensazione che é la paura, mi cedevano le gambe, la vista si oscurava lentamente e non mi rendeva più conto di cosa ci fossi andato a fare in quel bosco. Desideravo con tutto me stesso di ritrovarmi in camera mia a giocare con i miei giochi preferiti e sentire la mamma che preparava la cena di sotto in cucina, ma malgrado ciò mi trovavo sempre lì, persino con il timore di girarmi e ritornare sui miei passi, quasi ci fosse di peggio alla mie spalle.

Proseguivo piano, con il respiro lungo per non perdermi anche il minimo fruscio sospettoso, e arrivando vicino alla caverna sentii i miei passi risuonare come ci fosse stato qualcun'altro, ma fermatomi a tendere meglio l'orecchio sentii solo il pulsare del sangue al ritmo accellerato del cuore.

Fattomi coraggio mi sedetti su di una impalcatura con le gambe penzoloni verso i cespugli sottostanti e cercai di regolare il respiro come avevo visto fare da mia sorella la quale si dedicava, a volte, a pratiche yoga.

Mi calmai piano piano, i rumori del bosco cominciarono a divenire piacevoli, carezzevoli e già non pensavo più al terrore provato poco prima nel trovarmi, a dodici anni, per la prima volta da solo in un bosco per me allora lontano da casa.

Qualche lucciola mi passò proprio davanti al viso, ve ne erano ancora molte allora.

Qualcosa poi mi sfiorò i capelli sopra la testa, poi ancora, ed ancora una volta più pesante, sollevai lo sguardo e mi trovai un vero pericolo a pochi centimetri dagli occhi. Un serpente da un ramo stava per posarsi sulla mia testa. Qui che avrei dovuto veramente aver paura, invece, scostai dolcemente il capo e mi alzai in piedi andando verso la grotta. La luna mi permetteva di vedere se ce ne fossero altri per terra, per non schiacciarli accidentalmente.

Nella caverna era tutto più buio ma vi entrai ugualmente. Non si sarebbe detto che ero lo stesso bambino che venti minuti prima temeva i suoi propri passi, forse ero diventato grande, o forse non mi importava più nulla di quello che avrebbe potuto succedermi.

La caverna non era molto grande, in compenso era affascinante. Dei cunicoli conducevano ad altre grotte più grandi, ma alcuni passaggi erano pericolosi e venivano praticati solo da esperti speleologi, e io non lo ero di certo. Quella caverna era il mio palazzo, lì avevo già giocato con mio fratello e con alcuni amici, ma trovarmici da solo era molto più bello.

Mi sedetti al centro ed in silenzio ascoltai i racconti delle rocce, i ricordi del vento, le musice dell'universo.

Rincasai tardi, cosa molto strana per me perchè solitamente uscivo solo con mio fratello, ma la mamma non insistette con le domande ed io continuai a custodire il segreto, deponendolo nel profondo del cuore in modo ordinato per poter lasciare spazio ad altre dolci esperienze che non avrei mai potuto dividere con altri, come quando riuscivo a trovare aperta la porta della chiesa e vi entravo di nascosto a guardare quel povero cristo che gocciolava sangue inchiodato alla croce, o quelle povere persone che bruciavano vive al purgatorio coprendosi le vergogne. Era normale soffrire? sembrava di sì. Sia che fossi stato buono o cattivo mi aspettava sempre la sofferenza. Me ne ero convinto e ci volle molto tempo prima che riuscissi a liberarmi di una errata cognizione della vita. Successe tutto solo per merito mio, sembrava quasi che chi mi stava vicino approfittasse del fatto che riteneva normale soffrire. Nessuno si dava veramente la briga di concedermi un'esistenza normale come sarebbe stato logico avessi. "Sei scemo, non fare così, non fare cosà, ma ti rendi conto di quello che dici, chi credi di essere, ma da dove tiri fuori certe idee, sei egoista, continua pure a vivere nel tuo mondo utopico..." Nessuno che avesse delle parole buone, anche quando alla scuola elementare scrissi alcune poesie sembrava che i miei ne fossero orgogliosi, ma quando le leggevano a qualcuno ...ridevano, come fossero cose sciocche. Lo stesso per i miei disegni che sembrava fossero solo pasticci senza senso…

Quando a quattordici anni, improvvisamente, mi colsero le prime fitte alla nuca non dissi niente a nessuno, e quando alle fitte seguirono gli intensi dolori alla testa nessuno gli dava importanza: "Hai mangiato troppo, non hai mangiato abbastanza, hai dormito troppo, hai dormito troppo poco, c'è il vento, non c’è il vento..." insomma, quasi una gara a suggerire il motivo ... e nessuno che se ne occupasse seriamente, portandomi ad un crescente sconforto che indebolì completamente la mia volontà e la forza di reagire, perdendo anche quel pò di fede in Dio che avevo imparato in famiglia.

Giunsi a militare con questi persistenti dolori, lì i medici cominciarono ad occuparsene seriamente tentando varie cure che non portavano assolutamente a nulla. La diagnosi fù che si trattava di dolori dovuti a problemi psicologici, viste anche le mie tendenze omosessuali decisero di esonerarmi dai futuri servizi subito dopo i quattro mesi di scuola reclute, e fui esonerato scortato da un bagaglio di medicinali che cominciarono a compromettere anche quel poco di sano che era rimasto, costringendomi anche a venir ricoverato in una clinica psichiatrica per alcune settimane. Dopo alcuni mesi che ripresi il mio lavoro ricominciarono nuovamente crisi depressive che mi condussero a fare dentro/fuori da questa clinica… Ma a chi può interessare la mia vita?

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