mercoledì 13 febbraio 2013

Un Circolo Se-vizioso

by Massimo Enzo Grandi (circa 2004)

Notizie a volte sconvolgenti che ci possono venire raccontate da amici e conoscenti oppure che troviamo sulle pagine dei giornali locali ci mostrano aspetti del nostro sistema sociale che dovrebbero far riflettere e spingerci a trovare delle soluzioni drastiche invece di continuare a porre delle toppe che potrebbero peggiorare ulteriormente la situazione.

Un servizio ci “sbatte” in faccia la situazione di quel “povero” individuo che, a quanto pare, si dedica con passione al suo lavoro di spacciatore percependo una rendita di Invalidità da diecimila franchi mensili; se sono giustificati e meritati o meno non spetta certamente a noi giudicare con un metro che raramente tiene conto delle situazioni reali, possiamo però augurarci che vengano fatti i dovuti controlli.

Qualcuno potrebbe però pensare che l’ufficio AI sia troppo generoso con le proprie valutazioni e verrebbero introdotte misure più restrittive che purtroppo andrebbero ad esclusivo ulteriore discapito delle persone veramente bisognose… Ecco che per esempio abbiamo già quel caso della signora cinquantenne che vive sola con una figlia al liceo che dopo un paio di operazioni di cancro si deve recare più volte la settimana da vari medici e dottori. Quando proprio non ce la fa più si rivolge per la prima volta all’AI dove le viene offerto un “aiuto domiciliare” a ben 45 franchi l’ora (che dovrebbe pagare lei) per svolgere i lavori domestici più semplici ma non quelli pesanti… (aiuto naturalmente rifiutato). Trascorsi alcuni anni la situazione peggiora e si rivolge nuovamente all’AI che, questa volta, ringrazia per non aver sinora usufruito dei suoi diritti e che comunque può benissimo continuare come ha fatto finora!

Un altro servizio sul giornale ci fa notare la “disperazione emblematica” del sig. Enrico Anselmi che, quarantatreenne padre di famiglia, pubblica un annuncio nel quale mendica letteralmente un posto di lavoro in quanto ormai al termine del periodo di disoccupazione e prossimo all’assistenza.

Disoccupazione e assistenza sono due termini che danno veramente fastidio… Il problema disoccupazione è stato egregiamente risolto in parte da quella ridicola trovata che ne ha ridotto il periodo di diritto; infatti dopo un anno un disoccupato cessa di essere tale e non rientra più nelle statistiche negative della nostra politica economica. Quello dell’assistenza presenta ancora invece troppi riflessi oscuri e ben poco noti alle persone che hanno la fortuna di avere (ancora) un buon posto di lavoro.

Qui invece abbiamo il caso di quel ragazzo che ha deciso di mettersi in proprio per ovviare ai suoi problemi di salute senza dover pesare su un datore di lavoro e tanto meno sull’AI.

Il successo gli arride per diversi anni fino a quando (causa forze maggiori esterne) la sua attività precipita (e qui, oltretutto, riceve comunque una tassazione esagerata che non tiene conto delle gravi perdite subite).

Come indipendente NON ha diritto alla disoccupazione e si dedica quindi ad altri lavori che, grazie anche all’aiuto di amici e parenti, più o meno gli permettono letteralmente di “sopravvivere”.

Visto che la situazione è veramente difficile accetta un lavoro pagato ad ore, così non ci sono problemi con la sua resa ridotta, ma caso vuole che dopo alcuni mesi la ditta in questione presenta difficoltà finanziarie e gli vengono ridotte in modo drastico le ore di presenza pagate.

Dopo un anno esatto di attività la ditta fallisce e il malcapitato si trova in disoccupazione al 100% con una indennità di novecento franchi mensili (dai quali vengono solertemente dedotti gli introiti che questi riesce ad ottenere grazie ad altre piccole attività saltuarie). L’ufficio collocamento gli dà la possibilità di una formazione supplementare con dei corsi specializzati di informatica ma (stranamente) non viene iscritto all’ultimo corso dopo il quale avrebbe ottenuto il suo meritato riconoscimento (e nessuno ha saputo dare motivazioni esaurienti). Il “soggetto” fa parte di quella categoria “non facilmente collocabile” e si sente abbandonato a se stesso, gli insuccessi nelle ricerche si susseguono senza tregua. Proprio in questo periodo gli viene diagnosticata anche una gravissima malattia. In seguito ad un’infezione viene addirittura ricoverato in ospedale e, per contro, l’ufficio disoccupazione gli trattiene le indennità per le due settimane di “inattività”… (con soli 900 franchi al mese avrebbe dovuto stipulare un’assicurazione malattia per conto suo).

“Elegantemente” il nostro soggetto non fa più parte della categoria “disoccupati” (ma l’ufficio tassazione lo tasserà comunque d’ufficio per un reddito minimo di Fr. 18'000).

La situazione si schiarisce grazie a dei lavori svolti come outsourcing e grazie alla collaborazione privata/personale con un socio con il quale riesce anche ad acquistare un’abitazione (50% e 50%), per poi di nuovo vacillare quando, proprio un mese dopo l’acquisto della casa, il più grosso committente gli toglie il lavoro senza rispettare le condizioni pattuite (purtroppo solo verbalmente).

A rincarare la dose sopraggiunge inaspettato il decesso improvviso del socio e l’intervento degli eredi (i genitori) che pretendono (legalmente) la liquidazione della parte di proprietà di loro diritto.

Per poter far fronte agli impegni e salvaguardare i suoi interessi il “nostro” si fa assumere fisso presso una ditta con l’intenzione di continuare a svolgere altri lavori dal suo domicilio, ma purtroppo la nuova situazione non funziona, condizioni di lavoro inaccettabili ed i problemi di salute lo costringono ad abbandonare il campo dopo pochi mesi (che sono stati pero sufficienti per perdere anche quei pochi contatti di lavoro “indipendente”).

Ricomincia la “caccia” al lavoro bussando letteralmente da porta in porta, ma senza esito. Le agenzie di collocamento restituiscono gentilmente curriculum e certificati vari accompagnati da un “al momento non abbiamo posti di lavoro a lei confacenti”, presentata la candidatura anche per posti come operaio si vede rispondere “spiacente, troppo qualificato”, in altri casi “spiacente, non ha le qualifiche richieste”. Avendo lavorato in proprio non può certo “scriversi” lui stesso dei certificati di lavoro….

La sopravvivenza è garantita solo grazie a piccoli lavori e ad uno spiccato senso di “economia” (leggi sopravvivere grazie anche ai prodotti alimentari posti in vendita al 50% il giorno della scadenza in vari negozi o forniti “sottobanco” dall’amica commessa al 25% perché già scaduti ma “ancora buoni”)

Siamo nel 2004, le fatture (assicurazioni, cassa malati, tasse, mutuo ipotecario ecc.) piovono letteralmente nella bucalettere (beato il sig. Anselmi che vi trova solo la pubblicità…) e malgrado il nostro “sfortunato cittadino” si preoccupi di contattare i vari creditori le risposte sono sempre le stesse: proroga di un mese del termine di scadenza, oppure: quanto ci può versare mensilmente?… nessuno però si è accontentato di un franco al mese…

Molto particolare invece la risposta dell’ufficio AVS che richiede il pagamento di oltre mille franchi relative agli anni 1999 e al 2000 (?): “Non ci importa se prima pagava più di diecimila franchi l’anno per l’AVS, l’importante è che vengano fatti pagamenti regolari ogni anno… se non può pagare si rivolga in municipio che ci pensano loro…”

Ecco che per far fronte alle pretese dell’AVS il nostro povero “pirla”(?) si trova suo malgrado (ma comunque con molte difficoltà) iscritto all’assistenza! Colmo dell’ironia? L’ufficio assistenza informa che le sovvenzioni versate non possono venire usate per l’AVS del 99 e del 2000!

Un mese dopo il primo versamento da parte dell’assistenza si presenta l’opportunità di un nuovo lavoro occasionale. La ricezione di un acconto di 500 franchi viene immediatamente notificata all’ufficio di Bellinzona che, ligio alle disposizioni, sospende i versamenti, mentre per quelli effettuati ha già provveduto a depositare un’ipoteca supplementare di 20'000 franchi sulla casa (che nel frattempo è in vendita ma che nessuno vuole….) senza per altro aver informato esplicitamente il diretto interessato.

La nuova attività si svolge nell’arco di tre mesi circa, prima della chiusura del tutto (e quindi l’agognata fattura finale) il nostro soggetto riscontra gravissime ed inaccettabili irregolarità che denuncia alle autorità competenti. Conseguenza: il datore di lavoro viene arrestato e la struttura posta sotto sequestro dalla magistratura… il nostro malcapitato si trova senza possibilità di recuperare il compenso pattuito e non è neppure in grado di emettere regolare fattura che verrebbe oltretutto tassata anche se l’incasso a saldo non avverrà mai…

Alle varie fatture che si accumulano sopraggiungono i richiami (dove è “permesso” richiedere spese esorbitanti di richiamo e diffida) e quindi le fatture da “cento franchi” diventano centoventi…. Poi seguono i precetti esecutivi, e i centoventi diventano centosettanta…. La banca, non ricevendo più gli interessi ipotecari (pagati esclusivamente dal nostro “pirla” (?) perché gli “altri” proprietari non vogliono assolutamente pagare), dà la disdetta all’ipoteca addebitando ulteriormente il debito di spese di uscita (18'000 franchi).

La delusione e l’amarezza sono tanto profonde che il nostro soggetto si chiude sempre più in se stesso… ancora qualche tentativo ma senza successo. Ormai è tutto perso! Per i suoi problemi di salute ha avuto però la fortuna di poter entrare a far parte di uno studio con nuovi medicinali, quindi né lui né la sua cassa malati non devono sborsare migliaia di franchi al mese per le cure di cui ha bisogno… Il medico gli suggerisce a più riprese di richiedere l’AI, ma il nostro “testardo” amico non ne vuole sapere… è già vergognosa la disoccupazione (ma a quanto sembra non per tanti altri), l’assistenza lo è ancora di più… L’AI poi è il coronamento del fallimento e della delusione (vista la “fortuna” avuta sinora è persino probabile che gli verrebbe negata…) e sarebbe solo di “ostacolo” per eventuali possibili attività.

In una fase di apatia, delusione, rabbia, impotenza … il nostro amico non apre neppure più la corrispondenza. Quelle buste non sono di certo risposte a domande di impiego (consegnate a mano a destra e sinistra perché non ci sono i soldi per il francobollo) sono tutte richiami di pagamento, diffide…

Da un momento all’altro si aspetta che si presenti un ufficiale a sequestrare la casa mettendolo letteralmente in mezzo alla strada. Non è il freddo che gli fa paura, d’altra parte ha già trascorso tutto il mese di gennaio 2006 senza riscaldamento finché sua madre (vedova pensionata) gli ha pagato la fornitura di nafta. Non ha paura di morire di fame, qualcosa da mettere sotto i denti lo si trova sempre.

La sua preoccupazione è come riuscire a risollevarsi da questo circolo (se-)vizioso che lo trascina in un baratro sempre più profondo.

Le casse malati (sempre più care per avere sempre maggiori utili) hanno deciso che non rispondono più in caso di morosità, però sono comunque obbligatorie… ed ecco che hanno anche il diritto (di cui si rivalgono senza preoccupazione) di mandare sul lastrico le persone insolventi in modo da poter riscuotere il dovuto da un fondo appositamente creato dallo stato (è esattamente quello che si è sentito rispondere da un gentile funzionario dell’ufficio esecuzioni e fallimenti)… L’assicurazione sulla casa è pure obbligatoria ma non può farla intervenire per un danno subito al tetto perché non ha i soldi per coprire la franchigia stabilita da contratto… ben sapendo che ci sono persone che sanno come aggirare illegalmente queste clausole il nostro amico non è certo il tipo che si dedica a queste “pratiche”… Intanto però questi inconvenienti influiscono sul valore dello stabile (naturalmente al ribasso…)

Il nostro amico compirà quest’anno i quarantotto anni (se la sua salute gli permetterà di arrivare al suo compleanno), intanto deve riuscire a barcamenarsi con i mezzi (insufficienti) a disposizione: una linea telefonica (che già in un paio di casi gli è stata però sospesa… l’ultima volta la vigilia di natale…), un collegamento internet per le ricerche di lavoro e per lo svolgimento di alcune commesse (anche in questo caso spesso sospeso dal provider), un vetusto ed insicuro PC e relativa stampante per occuparsi di alcuni piccoli lavori commissionati (per pietà?) da conoscenti.

Il parrucchiere non lo vede da anni grazie a quel benedetto rasoio da 39 franchi acquistato in offerta alla Jumbo (quindi prima che diventasse Carrefour)… Si fa bastare un paio di occhiali da lettura fatti fare nel 2001 malgrado non più sufficienti, quelli da vista per vedere cosa succede intorno invece si sono rotti già da alcuni anni e non ci sono i mezzi per sostituirli… I buchi che si formano nei denti (anche per un’alimentazione insufficiente ed inadeguata) vengono “tappati” con dell’ovatta e dentifricio (che funge anche in un certo senso da anestetico)…

A volte il nostro “eroe” aiuta degli amici che lavorano in un negozio di un grosso distributore in Svizzera: spontaneamente si reca in quel negozio (quando la salute lo permette) e li aiuta a esporre la merce, scaricare i camion delle forniture… i suoi consigli e le sue considerazioni sono sempre molto ben accette, a volte anche espressamente richieste. In cambio riesce a soddisfare anche il suo (bruttissimo) vizio del fumo, a volte gli offrono il pranzo, regolarmente un caffè al bar durante la pausa. Malgrado di lavoro ce ne sia a sufficiente anche per un impiegato in più a tempo pieno però, la “ditta” non prevede personale supplementare (e non è l’unica..) e la sua assunzione anche a tempo parziale sarebbe possibile solo in caso che si liberasse un posto (!)

Sinceramente il lavoro c’è! Ce ne sarebbe a sufficienza per tutti. Il problema quindi risiede in chi lo offre…

Già nel corso dell’anno scorso questo nostro sfortunato amico mi raccontava allibito di un annuncio di lavoro trovato sui quotidiani dove un istituto di credito offriva un posto di lavoro a “giovane impiegato, conoscenze lingue nazionali, conoscenze Windows Office” per uno “stipendio massimo di 1500 franchi” (non era però specificato se lo riceveva l’impiegato o se doveva versarlo lui al datore di lavoro…)! Dopo una settimana l’annuncio veniva ripubblicato con l’aggiunta “non fumatore”…

“Vorrei proprio vedere come uno farebbe a permettersi le sigarette con uno stipendio di 1500 franchi mensili” mi disse il nostro caro amico, “io pagavo 25 franchi l’ora la donna delle pulizie e i miei dipendenti avevano tutti uno stipendio netto di almeno 3000 franchi al mese, ora mi sono trovato a dover lavorare come uno schiavo per 18 franchi l’ora ma senza poter segnare gli straordinari perché non ammessi, in alcuni casi addirittura ho visto i compensi svanire in lontananza trovandomi con un pugno di mosche… addirittura ho visto gente accontentarsi di 10 franchi l’ora pur di avere un occupazione mentre i proprietari e gli azionisti se ne vanno in crociera sugli yacht privati o spendono mille franchi per una cena… Eppure sono sicuro di una cosa: se potessi tornare indietro rifarei tutto esattamente nello stesso modo, con amore per ciò che faccio, onestamente e con rispetto del mio prossimo… In fondo non chiedo l’elemosina ma chiedo che non mi si porti via quel pezzo di pane (o le maledette sigarette) che riesco a “guadagnarmi” con molta fatica… d’altra parte i veri “responsabili” siamo pur sempre noi che chiudiamo gli occhi…”

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